Legacoop Veneto e i principali sindacati regionali – CGIL, CISL e UIL Veneto – hanno siglato oggi un importante protocollo d’intesa. Questo accordo mira a promuovere lo sviluppo dei workers buyout (WBO) nel Veneto, un modello di rilevanza crescente per la politica industriale e per l’occupazione attiva.
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Leonard Mazzone – L’emancipazione al lavoro
Il recupero cooperativistico d’impresa è un fenomeno esemplare e potenzialmente contagioso di reazione collettiva e solidale alle dinamiche scadenti del capitalismo neoliberale (in primis alla finanziarizzazione delle imprese), che stanno condannando una porzione crescente di risorse – umane e non soltanto – a diventare scarti. Si tratta, peraltro, di esperienze durature di mutualismo in ambito produttivo: 202 delle 218 imprese recuperate prima del 2003 sono durate in media 15,2 anni, di contro ai 12 anni di vita media delle piccole e medie imprese italiane.
La democratizzazione d’impresa può essere una soluzione alle crisi.
Lo scorso 4 maggio il governatore del Colorado Jared Schutz Polis (primo uomo dichiaratamente gay a essere eletto al Parlamento americano) ha ricevuto il Torchlight Award per la sua leadership nel promuovere il workers buyout nel suo Stato. A conferire il riconoscimento è stata l’Associazione ESOP (Employee Stock Ownership Plan), la più grande al mondo a supporto delle aziende di proprietà dei dipendenti, che rappresenta oltre dieci milioni di dipendenti negli Stati Uniti.
Nasce a Bologna il primo Osservatorio sui cosiddetti “Workers Buyout”.
Individuare possibili casi di imprese destinate a chiudere, ma che possono essere salvate dai dipendenti i quali, associandosi in cooperative, possono comprare l’azienda per cui lavorano. È l’obiettivo del primo Osservatorio, nato a Bologna tra cooperative e sindacati, sui cosiddetti “Workers Buyout”, opportunità utili anche per riavviare imprese confiscate alla criminalità organizzata.
Raffaele Lungarella e Francesco Vella – Le nuove vie per la partecipazione dei lavoratori
Nella scorsa legislatura, era stata presentata una proposta, poi arenata, per allargare la partecipazione dei lavoratori all’azionariato dell’impresa. Cinque nuovi disegni di legge stanno provando a tornare sul tema. Le principali caratteristiche.
Marina Capobianco – La partecipazione dei lavoratori nell’era del digital work
1. Fordismo, post-fordismo e nuova organizzazione del lavoro
Per quasi tutta la metà del secolo scorso, il modello economico-produttivo dominante è stato quello dell’organizzazione scientifica del lavoro (Scientific Management Organization1) o “taylorismo” al quale è affiancato il paradigma del “fordismo”2.
La scommessa dell’Onu sull’economia sociale.
Inutile nasconderselo. Il mondo del lavoro sta vivendo profondi cambiamenti. A guardare il fenomeno in corso si osserva un’accelerazione dei processi di automazione e digitalizzazione e una perdita di posti maggiore rispetto alla creazione di nuova occupazione. Sorge spontaneo chiedersi dove stia andando il mondo del lavoro, quale sarà il futuro dei lavoratori. A interrogarsi è anche l’Ilo (International Labour organization delle Nazioni Unite) che nel suo centro internazionale di formazione a Torino ha organizzato, dal 3 al 7 giugno, la decima edizione dell’Accademia Ess (Economia sociale e solidale) con un titolo che è di per sé un programma: “Economia sociale e solidale – Un’agenda incentrata sulla persona, che guarda al futuro del lavoro”.
Bekaert, valutazione per cooperativa di lavoro. Mandato arriva da 52 lavoratori.
Un primo nucleo composto da 52 lavoratori della Bekaert SpA di Figline e Incisa Valdarno ha costituito un Comitato promotore per dare mandato a Legacoop Toscana di accompagnarli nel percorso di verifica di fattibilità della costituzione di una cooperativa di lavoro attiva in varie produzioni, come quella di cordicella metallica e trafilato per tubi ad alta pressione.
Imprese recuperate: in Italia sono 100, e valgono 15mila posti di lavoro.
Ci sono oltre cento imprese in Italia che non sono come le altre. Attive soprattutto del settore manifatturiero, erano fallite eppure ora sono rinate. Erano fabbriche di un “padrone”, gestite da manager professionisti, finite in disgrazia, ma oggi continuano a produrre. Coinvolgono direttamente 8mila lavoratori, ma ne comprendono circa 15mila grazie all’indotto, per un fatturato superiore a 200 milioni di euro l’anno. A possederle, decidendone strategie e destino, è oggi solo chi ci lavora, perlopiù operaie e operai. Hanno fatto una scelta coraggiosa. Se le sono ricomprate con un unico comune obiettivo: rimanere sul mercato e mantenere l’occupazione.
Caivano, l’azienda chiude: 51 dipendenti la comprano e salvano il posto di lavoro.
L’azienda chiude, cinquantuno lavoratori salvano il lavoro costituendo una cooperativa. Dopo tre anni in affitto, oggi i lavoratori della WBO Italcables diventano a tutti gli effetti proprietari dell’industria metalmeccanica di Caivano, dove si producono cavi e trefoli d’acciaio. E’ il primo caso di workers buy out nel Mezzogiorno, in un settore fondamentale come quello della siderurgia.