Tra gli ostacoli che sbarrano la strada a una comprensione del nostro presente vi è quella visione semplificata, quando non caricaturale, del Novecento, che vediamo condivisa da retoriche diverse – anche schierate su fronti politici opposti: una visione che, in estrema sintesi, lo definisce come il secolo della grande fabbrica, della quale la società, la politica, il sindacato avrebbero riprodotto, specie nel trentennio del compromesso “keynesiano” (“età dell’oro” nello schema del Secolo breve di Hobsbawm), sia la capacità di generare prosperità che la fondamentale rigidità delle strutture.