Pietro Ichino – Contrattazione, rappresentanza e partecipazione; il nuovo capitolo della politica del lavoro del governo

Il Presidente del Consiglio – come già fece Schroeder in Germania all’inizio degli anni 2000 – ha sollecitato imprese e sindacati a un accordo che realizzi due obiettivi fondamentali di riforma del sistema delle relazioni industriali: innanzitutto l’allineamento del nostro sistema di relazioni industriali con quelli dei nostri maggiori partner europei, che prevedono la possibilità che il contratto aziendale non soltanto deroghi parzialmente al contratto collettivo nazionale, ma anche lo sostituisca integralmente in funzione della sperimentazione di piani industriali che escono dai vecchi schemi; in secondo luogo la definizione dei requisiti di rappresentatività maggioritaria dell’associazione o coalizione sindacale stipulante.

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Che cosa occorre cambiare nel nostro sistema di relazioni industriali, e perchè.

“SGABBIARE” LA CONTRATTAZIONE NELL’IMPRESA È INDISPENSABILE PER UN MIGLIORE COLLEGAMENTO FRA RETRIBUZIONE E PERFORMANCE AZIENDALE E PER CONSENTIRE LA SCOMMESSA COMUNE DEI LAVORATORI CON L’IMPRENDITORE SUL PIANO INDUSTRIALE PIÙ INNOVATIVO

Intervista a cura di Fabio Paluccio, pubblicata dall’Agenzia di Stampa Adn Kronos il 21 agosto 2015

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Professor Ichino, come giudica l’ipotesi di riforma del sistema della contrattazione collettiva allo studio del governo?

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Migliorare le performance, migliorare il salario: la proposta della CISL per un nuovo modello contrattuale.

La Cisl ritiene che il ruolo delle parti sociali sia indispensabile in un paese moderno per la realizzazione di un modello di democrazia diffusa e rispondente ai principi costituzionali che affermano il lavoro come elemento fondante della nostra repubblica. L’impresa e il lavoro sono l’asse costituente del nostro sistema economico e sociale ed i soggetti su cui costruire le prospettive di sviluppo e di benessere nel superamento di questa crisi che occorre sconfiggere. La regolazione dei rapporti di lavoro nell’ambito delle imprese e la certezza delle regole della rappresentanza delle parti sociali sono elementi centrali per il nostro sistema paese.

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Salario minimo e contratti aziendali la sfida della modernità per il sindacato.

Mentre si attendono i veri numeri sugli iscritti, si intensifica la spinta per il ridimensionamento delle intese di categoria in favore di quelle per singola impresa, la chiave per il recupero della competitività. Ma la CGIL continua a opporsi.

(…) Il governo ha scelto di nin invadere il terreno di gioco delle parti sociali.

(…) Ha congelato il decreto del Jobs Act che prevedeva l’introduzione in via sperimentale del salario minimo legale nei settori non coperti dalla contrattazione.

(…) D’altra parte il compito del salario minimo (l’Italia è uno dei pochi paesi in Europa a non averlo) è stato svolto finora, per condivisa giurisprudenza, proprio dai minimi contrattuali introdotti dagli accordi firmati dai sindacati. Che ora hanno a disposizione alcuni mesi (sostanzialmente il periodo estivo) per contribuire a definire una proposta sul salario minimo (scegliendo il modello duale come in Germania in cui il salario minimo convive con i contratti nazionali) e per concordare con le controparti imprenditoriali un nuovo schema di contrattazione nel quale si applicheranno le regole della rappresentanza (…)

(R. Mania, La Repubblica, 15.06.2015)

Ced, Malcotti: “Bene rinnovo Ccnl Partecipazione lavoratori priorità”.

È stato firmato, oggi, l’accordo di rinnovo del contratto collettivo per i dipendenti dei Ced (Centri Elaborazione Dati), per le società tra professionisti, per gli studi di professionisti non organizzati in ordini e collegi, per le agenzie di servizio per il disbrigo di pratiche amministrative, per le imprese esercenti servizi di informatica, elaborazione ed acquisizione dati conto terzi.

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Parti sociali in cerca di intesa per riformare il modello contrattuale.

Sul modello contrattuale Confindustria, Cgil, Cisl e Uil cercano un’intesa. L’attuale sistema (scaduto alla fine dello scorso anno) che aggancia gli aumenti del contratto nazionale all’inflazione, o meglio all’indicatore Ipca (indice dei prezzi al consumo armonizzato al netto degli energetici importati), ha fatto il suo tempo, non essendo più in grado di garantire ai lavoratori incremenenti consistenti.

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I sindacati vadano nelle aziende.

Il loro posto non è nei talk show. Lo dice il sociologo Bruno Manghi, già leader dei metalmeccanici Cisl.

(…) Fatta eccezione per il Belgio e i paesi scandinavi, ove i sindacati esercitano poteri istituzionali nella gestione del welfare, nel resto dell’Occidente si registra da molto tempo una perdita di rappresentatività.

(…) nonostante il calo di rappresentatività, il sindacato resta un veicolo di partecipazione volontaria più vasto di partiti, confederazioni economico-imprenditoriali, associazionismo religioso.

(…) La Cgil è la realtà sindacale più prigioniera della retorica.

(E. Petti, Italia Oggi, 05.11.2014)