VW Italia, un bell’esempio di partecipazione aziendale. Intervista a G. di Palma.

In Italia, al di fuori degli specialisti di settore il termine Mitbestimmung (codecisione) dice poco. Basta invece andare appena al di là delle Alpi e raggiungere la Germania per scoprire come intorno a questo modello sia cresciuta un’esperienza partecipativa che ha portato i rappresentanti dei lavoratori nel board delle maggiori imprese pubbliche e private, diventando la spina dorsale della crescita economica e sociale tedesca.

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Cogestione come partecipazione attiva dei lavoratori.

La sinistra italiana ahimè, eccettuato il Psi e l’Avanti!, ancora non discute abbastanza sulla cogestione delle imprese, è ferma ad una visione lottaclassista e vetero-comunista del mondo imprenditoriale, dell’economia. Insomma la sinistra italiana ha ancora quella visione di contrapposizione tra i lavoratori e le imprese che ingessa il nostro paese, lo cristalizza e lo rende poco competitivo. Invece è d’idee che circolano reticolarmente che abbiamo bisogno, d’idee libere, non più ideologie(astratte-astruse-arabeschi), non più il parlare ex cathedra, la così detta infallibilità del Romano Pontefice, elevata a indiscutibile dogma, come facevano i marxisti ortodossi un tempo vintage, ahimè ancora presenti.

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Danilo Terra – Le potenzialità della codeterminazione strategica nel contesto internazionale e italiano

L’articolo 46 della Costituzione della Repubblica Italiana dichiara:

‘’Ai fini della elevazione economica e sociale del lavoro in armonia con le esigenze della produzione, la Repubblica riconosce il diritto dei lavoratori a collaborare, nei modi e nei limiti stabiliti dalle leggi, alla gestione delle aziende.’’

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Mauro Del Bue – La cogestione obiettivo socialista

Ben trentotto anni orsono il Psi pubblicò un quaderno di Mondoperaio, allora diretto da Federico Coen, che conteneva scritti di economisti, giuslavoristi e sindacalisti sul tema della democrazia industriale. Il primo intervento fu scritto da Gino Giugni, che sette anni prima aveva sfornato, dopo la morte di Giacomo Brodolini, lo statuto dei lavoratori. Con accenni di eresia e spirito da autentico riformista Giugni pose con forza la questione della partecipazione dei lavoratori alla gestione delle imprese. Anche allora si discusse del modello tedesco che durava dal 1951 e si prese in esame anche il progetto del Labour inglese del 1967, nonché quello, decisamente ancora più avanzato, della socialdemocrazia danese che espropriava una quota di capitale. Anche allora dunque si studiarono modello tedesco e modello danese. Sembra un ritornello…

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Meno tensioni con la cogestione in fabbrica.

(…) Poco si parla però dell’assetto societario e proprietario delle aziende. Gestite o cogestite? Proprietà pubblica o privata? Nessuno ne parla. Eppure riguardo la struttura societaria delle grandi aziende italiane o multinazionali in Italia salta agli occhi il fatto che poche aziende e multinazionali prevedano l’adozione del sistema duale di governance e quindi la costituzione di un Consiglio di Sorveglianza come previsto in via opzionale dal Codice Civile.

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Paolo Simoncelli – Storia in Rete. Anni’60, quando l’Europa “studiava” la Repubblica sociale

Alla fine degli anni Sessanta, un volume curato dall’allora Commissione economica europea, scritto in francese e dedicato alla cogestione e alla partecipazione dei lavoratori alla gestione delle aziende nei paesi membri del Mercato comune, dedica un capitolo “all’esperienza mussoliniana”. E, come se nulla fosse, sottolinea che l’esperienza della RSI in materia ha influenzato la legislazione dell’Italia post 1945. Ovviamente di quel libro non si è più parlato…

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Enrico Grazzini – I lavoratori nei cda: il modello tedesco che l’Italia colpevolmente ignora

Nella terra di Angela Merkel vige un sistema di governance delle imprese basato sulla partecipazione e sulla co-decisione dei lavoratori. Da noi invece tutti sembrano schierarsi contro l’idea di democrazia economica: Confindustria, governo, sindacati, Grillo e persino i leader della sinistra radicale. Ma senza di essa la democrazia politica si spegne e non si esce dalla crisi.

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