“Questa è un’intervista pessimista. O realista, se preferisci”. Con la sua voce baritonale e le erre arrotate in un italiano elegantemente anglosassone, Alan Friedman non tarda a mettere in chiaro la sua visione sul futuro del lavoro. Studi alla London School of Economics, alla New York University e alla Johns Hopkins, 14 anni e quattro British Press Award come corrispondente del ‘Financial Times’ dall’Italia e dagli Usa, poi del ‘New York Times’ e dell’‘Herald Tribune’, giornalista globale con più d’un piede in Italia, Friedman sarà presente al Film festival diritti umani Lugano. Questa sera al Cinema Corso discuterà di diritti e lavoro a margine della proiezione di ‘On va tout péter’ (vedi articolo sotto), dedicato alla memorabile protesta degli operai francesi contro la chiusura di un grande stabilimento del settore automobilistico; domani, stesso posto alle 11, parlerà invece della situazione in Ucraina accanto al film ‘No Obvious Signs’. Continua la lettura
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Intelligenza artificiale. Il Fondo monetario ha paura dei robot al lavoro.
«Dobbiamo avere paura della rivoluzione dei robot?» si chiedevano in un incontro dello scorso dicembre gli esperti del Fondo monetario internazionale e quelli del campus asiatico dell’Insead, la scuola della classe dirigente francese il cui Mba è al primo posto della classifica dei corsi per manager elaborata dal Financial Times. La questione degli effetti che l’automazione e l’intelligenza artificiale possono avere sul mondo del lavoro e sulle nostre economie da qualche anno è uno dei temi più discussi dagli economisti, che si dividono in ottimisti e pessimisti, con qualche via di mezzo.