I datori di lavoro interessati a far conseguire ai propri dipendenti i benefici fiscali connessi ai premi di risultato dovranno seguire un percorso specifico, che inizia con la stipula di un accordo collettivo.
Tale accordo potrà essere sottoscritto a livello aziendale (firmato tra l’azienda e le rappresentanze sindacali aziendali oppure, ove esistenti, con le RSU, che siano espressione di organizzazioni dotate di rappresentatività comparativa a livello nazionale) oppure a livello territoriale (firmato dalle associazioni datoriali e sindacali mediante le rispettive strutture provinciali o regionali).
Per le imprese aderenti a Confindustria, l’accordo territoriale potrà essere siglato usando il modello standard concordato con le organizzazioni sindacali lo scorso 14 luglio; tale intesa, una volta firmata in uno specifico territorio, consentirà alle aziende del territorio medesimo di istituire il premio di risultato e applicare il connesso regime fiscale, senza ulteriori formalità (a condizione, ovviamente, che siano rispettate le rigorose condizioni previste dalla legge).
La legge di stabilità e il decreto attuativo del Ministero del lavoro del 25 marzo 2016 fissano anche i criteri che dovranno adottare gli accordi collettivi per disciplinare i premi di risultato, ai fini dell’applicazione del beneficio.
Le intese collettive dovranno, in particolare, ancorare i premi al raggiungimento di obiettivi che siano “misurabili” e “incrementali”.
La misurazione dovrà essere svolta per verificare che il premio sia stato pagato per compensare effettivi e reali incrementi di produttività, redditività, qualità, efficienza ed innovazione; per compiere tale verifica, intese collettive dovranno misurare – tramite numeri o strumenti equivalenti – l’andamento di alcuni indicatori specifici, che potranno essere scelti tra quelli definiti (in maniera non vincolante, potendo esserne aggiunti altri) dal Decreto Ministeriale di marzo.
Gli accordi collettivi potranno, quindi, valutare l’eventuale aumento di produttività mediante la misurazione dell’aumento della produzione, dell’entità dei risparmi connessi al migliore utilizzo dei fattori produttivi e del miglioramento della qualità dei prodotti e dei processi.
Un altro parametro che potrà essere utilizzato per misurare l’incremento di produttività ed efficienza dell’azienda è quello della riorganizzazione dell’orario normale di lavoro, a condizione che non si tratti del pagamento di ore di lavoro straordinario.
Il decreto ministeriale ammette la possibilità di assoggettare alla detassazione anche le somme pagate come controprestazione per il ricorso al lavoro agile. Il riferimento è generico – al momento non esiste una disciplina legale che definisce con precisione cosa debba intendersi per lavoro agile, anche se il Parlamento sta discutendo un disegno di legge sul tema e la contrattazione collettiva ha sperimentato già diverse iniziative aziendali sul tema – e quindi potranno rientrare nella modalità iniziative molto diverse tra loro.
Gli obiettivi non dovranno essere soltanto misurabili, ma dovranno anche avere carattere incrementale, nel senso che non potranno godere del benefico fiscali i premi pagati per risultati che non determinano un miglioramento oggettivo, in un periodo predefinito, dei parametri presi come base per la misurazione della produttività, redditività, qualità, efficienza ed innovazione aziendale.
Gli accordi collettivi di secondo livello potranno anche prevedere forme di partecipazione agli utili dei lavoratori, secondo quanto prevede l’art. 2102 del codice civile, così come potranno introdurre strumenti di coinvolgimento dei lavoratori nell’organizzazione del lavoro, da intendersi come gruppi di lavoro composti da lavoratori e responsabili aziendali, finalizzati a migliorare e innovare alcune aree o attività aziendali.
L’eventuale introduzione di strumenti partecipativi consentirà di alzare il valore complessivo del premio detassabile (che salirebbe da 2.000 a 2.500 euro).
Per evitare che la tassazione agevolata venga destinata verso somme pagate per la partecipazione a commissioni prive di reali poteri decisionali, il decreto del 25 marzo precisa che tali gruppi di lavoro non potranno limitarsi a svolgere un ruolo di consultazione, addestramento e formazione, ma dovranno consentire una partecipazione effettiva al processo decisionale. Infine, gli accordi potranno prevedere la facoltà per i lavoratori di convertire il valore lordo del premio in servizi di welfare: non serviranno formule specifiche, sarà sufficiente chiarire le modalità di effettuazione della scelta.
Una volta firmata l’intesa collettiva, l’azienda dovrà depositare presso gli uffici competenti, in modalità telematica, gli accordi sul premio di risultato, seguendo le istruzioni fornite dal Ministero del lavoro con la direttoriale n. 4274 del 22 luglio 2016.
(lavoroeimpresa.com, 25.08.2016)