Egregio Direttore, vari tentativi di riforma hanno interessato la nostra Costituzione, soprattutto nel corso degli ultimi decenni. In relazione alla lunga crisi socio-economica che il nostro Paese sta vivendo ed al bisogno di rilanciare la produttività delle imprese italiane nel contesto competitivo globale, credo sia giunto il momento di dare concreta attuazione all’articolo 46 della Costituzione, finora rimasto lettera morta: è necessario garantire la partecipazione dei lavoratori alla gestione delle aziende.
Del resto, gli Stati che possiedono un tale sistema di diritti di cogestione (dei lavoratori) mostrano risultati migliori di quelli dove non è contemplata.
La Cisnal lo chiedeva: ora, è l’Ugl a rivendicarla.
Gli interessi degli azionisti e manager, spesso, divergono da quelli dei dipendenti: gli uni desiderano risultati economici a breve termine, senza curarsi del futuro; i secondi tentano di garantire a sé e, talvolta, ai propri figli, l’occupazione. Non solo: se si tratta di aziende collocate in una località priva di attività di rilievo, anche la prosperità di quel territorio.
Vi è poi la questione relativa alle imprese a partecipazione statale o degli Enti locali, di produzione di beni o di erogazione di servizi che, a maggior ragione, devono avere una partecipazione dei dipendenti, dato che l’azionista è lo Stato od il Comune.
Non si dimentichi che nel Codice civile, vi è l’articolo 2349, che istituisce le cosiddette “azioni di lavoro”.
Il tema della partecipazione dei lavoratori è un proposta forse più attuale di quando concepita, per due aspetti: all’internazionalismo dei lavoratori si è sostituito l’internazionalismo della finanza e del capitale, con la conseguente delocalizzazione di aziende trasferite al di là dei confini nazionali.
Il secondo motivo riguarda le produzioni, oggi basate sull’alta tecnologia, che richiedono meno capitali d’investimento e dove, invece, la specializzazione e l’inventiva dei lavoratori hanno un ruolo maggiore: questi ultimi devono avere maggiori possibilità d’incidere sulla vita dell’azienda e sul suo futuro.
Quindi, auspico che, con la riscoperta dello sconosciuto articolo 46, si crei una diversa strategia industriale, conforme al dettato costituzionale, che il nuovo Esecutivo dovrebbe adottare.
Alla fine, diversamente dal credo liberista, dove si considera l’azienda proprietà esclusiva degli azionisti e dei loro interessi, una gestione allargata alla forza lavoro diventa un bene per l’azienda stessa ed un modo ulteriore per affrontare e combattere la crisi.