Il neosocialismo di Thomas Piketty scopre l’idea “partecipativa”.

Il nuovo saggio dell’economista francese, “Capitale e ideologia” recensito da Mario Bozzi Sentieri

L’ultimo libro di Thomas Piketty tradotto in italiano (“Capitale e ideologia”, La Nave di Teseo)  è un tomo poderoso: 1200 pagine, più di un kilogrammo di carta sottile. L’economista francese  non è nuovo a queste “prove di forza”.  “Il Capitale nel XXI secolo”,uscito nel 2013  aveva una lunghezza di oltre 900 pagine, a conferma  della volontà visionaria di Piketty, impegnato a misurarsi sui grandi scenari della storia e dei cambiamenti ideologici. Genericamente etichettabile come un neo-socialista, oggi l’autore di “Capitale e ideologia” sposta la visuale dai tradizionali riferimenti di classe a quelli di una più ampia “lotta ideologica” ,  muovendosi dalle antiche società schiavistiche fino ad approdare alla modernità ipercapitalista. Alla base  la  convinzione che  la diseguaglianza non è provocata dall’economia ma dalla politica e dall’ideologia e proprio per questo è possibile intraprendere un’ altra strada. 

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5 mila economisti di tutto il mondo: è ora di democratizzare il lavoro, largo ai modelli di cogestione dei lavoratori nelle aziende.

Il loro momento di gloria è durato un paio di mesi, il tempo in cui il resto d’Italia si chiudeva in casa terrorizzato dal coronavirus, lasciandosi invece contagiare da un improvviso, patriottico entusiasmo per infermieri, medici e farmacisti. Lavoratori essenziali la cui essenzialità si è però rapidamente appannata a emergenza superata, tanto da costringere proprio gli infermieri a scendere in piazza per chiedere salari e condizioni lavorative migliori.

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Carlo Giannone – Il principio di codeterminazione, l’esempio tedesco e perché funziona

Nelle scorse settimane, l’ex ministro della Giustizia Andrea Orlando (PD) ha scatenato un acceso dibattito pubblico sulla necessità di esercitare un potere di controllo e vigilanza nelle aziende che beneficiano degli ingenti prestiti erogati dallo Stato italiano. Richiamandosi all’esempio della Germania, l’esponente del Partito Democratico ha suggerito che lo Stato possa entrare nel Cda delle aziende beneficiarie per un determinato periodo, in modo da garantire che l’impresa mantenga gli impegni assunti nel momento in cui riceve finanziamenti a fondo perduto da parte dello Stato. La proposta ha suscitato grandi polemiche costringendo Orlando a puntualizzare più volte le dichiarazioni fatte.

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Annamaria Furlan – Ora un vero patto sociale basato sulla partecipazione

Caro Direttore,

Sono passati esattamente 50 anni dal 20 maggio 1970, la storica data in cui fu approvata la legge 300 che per tutti è conosciuta come lo ‘Statuto dei lavoratori’. Fu indubbiamente una svolta per le relazioni industriali e la democrazia sindacale, frutto di anni di lotte operaie aspre per l’affermazione di diritti fondamentali e il rispetto della dignità del lavoro. Oggi molte cose sono cambiate negli assetti economici e nel mondo produttivo. È emersa sempre più in questi anni l’esigenza di proteggere tutte le forme di lavoro, soprattutto quelle più flessibili e atipiche, di garantire una tutela ad ogni persona che lavora. Offrire, insomma, una vera sicurezza economica e professionale ai lavoratori per tutto l’arco della loro vita. Continua la lettura

La Storia, Ideali e Azioni. La Prima Repubblica: gli Anni ’70 ’80 e ’90 fino a Mani Pulite – Antidoti al pensiero unico economico. Accame e il Socialismo Tricolore.

«Trovo buffi gli eroici soldatini che combattono le battaglie dell’antifascismo, contro un regime finito nella prima metà del secolo scorso e di cui da allora nessuno si è più seriamente proposto la restaurazione». Parole di un’attualità straordinaria pronunciate più di 15 anni fa da Giano Accame, che coglievano la strumentalità palese di chi, agitando fantasmi del passato, cercava di etichettare ogni avversario politico per estrometterlo dal dibattito pubblico, tentando di squalificarlo moralmente e impedendo allo stesso tempo un maturo rapporto con la storia. Lo stesso schema che si ripete oggi e che ha funestato l’agone politico per decenni, per via dell’egemonia culturale degli ambienti progressisti. Continua la lettura

La Storia, Ideali e Azioni. La Prima Repubblica: la Ricostruzione fino ai movimenti del ‘68 – Le vite parallele di Enrico Mattei e di Adriano Olivetti.

Dalle utopie ai fatti
Sessant’anni fa, il 27 febbraio 1960, su un treno diretto in Svizzera, moriva, all’età di 59 anni, Adriano Olivetti. Due anni e mezzo prima della morte di Enrico Mattei avvenuta il 27 ottobre 1962 all’età di 56 anni , a causa di un attentato all’aereo su cui viaggiava partito da Catania e diretto a Milano. Per ricordarlo, riprendiamo l’articolo pubblicato sulla Staffetta del 2 novembre 2012, autore Roberto Macrì, che traccia un parallelo molto significativo tra queste due figure di imprenditori che hanno avuto un ruolo determinante nella ripresa dell’economia italiana dopo i traumi delle seconda guerra mondiale.
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Aldo Amoretti – Alitalia: i sindacati nel consiglio di amministrazione? Non è una buona idea.

Il Ministro Patuanelli comunica che si sta ragionando sulla presenza dei sindacati nel CdA della newco Alitalia. Si precisa che i sindacati dovranno avere un “ruolo molto forte” nella nuova compagnia. Io che sono non da ora favorevole alla partecipazione dei lavoratori nella gestione delle imprese (1) nel caso in questione sono di altro parere. In Alitalia questa esperienza si è già fatta ed è stata un fiasco.

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Intervista a Fulvia D’Aloisio

Ci parli di lei…

Sono Professore Associato di Antropologia culturale presso l’Università degli Studi della Campania Luigi Vanvitelli. Sin dal mio Dottorato di ricerca in Scienze Antropologiche ed analisi del mutamento culturale, svolto presso l’Università di Napoli l’Orientale, mi sono occupata del tema del lavoro, con una ricerca etnografica sull’insediamento FIAT-SATA di Melfi (PZ).

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Massimo Visconti – Coronavirus, prima che rimangano solo macerie, una soluzione economica ci sarebbe

Un noto film di Carlo Verdone vedeva la moglie del protagonista, assillata dalla sterile paranoia del marito, dire continuamente “non ce la faccio più”. Oggi gli italiani costretti in casa da due mesi cominciano veramente a non farcela più. E non tanto per la pandemia quanto per la caotica e assurda gestione di questo momento difficile segnato dai continui DPCM che, come fuochi d’artificio, al termine della loro presentazione/show da parte del divo Giuseppe lascia le cose come stanno.

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