Con la pandemia da Covid-19, la crisi climatica e l’aumento del costo della vita la distribuzione della ricchezza è diventata sempre meno equa: dal 2020 l’1% più ricco della popolazione ha guadagnato quasi due terzi della nuova ricchezza nel mondo.
Contemporaneamente il potere d’acquisto della popolazione viene eroso: secondo i dati di Oxfam, sono almeno 1,7 miliardi le lavoratrici e i lavoratori che vivono in Paesi in cui l’inflazione ha superato la crescita dei salari. In Francia, ad esempio, a febbraio del 2023 il tasso di inflazione ha raggiunto il 6,3%, mentre i salari sono aumentati solo del 3,8%. Il rapporto “Inégalités salariales: aux grandes entreprises les gros écarts” di Oxfam France denuncia i divari salariali all’interno delle cento maggiori società quotate in Francia e sottolinea l’importanza di garantire una distribuzione equa della ricchezza per ridurre le disuguaglianze.
La crescita dei divari retributivi
Negli ultimi anni le multinazionali hanno registrato profitti da record “non grazie alle innovazioni o all’aumento della produttività, ma approfittando di circostanze esterne, come la guerra o la pandemia, per aumentare i propri margini di guadagno”, denuncia il Rapporto.
Un’analisi di Oxfam France e Basic del 2018 aveva evidenziato come il modello delle grandi imprese francesi si basi sulla ricerca di interessi finanziari nel breve periodo a discapito di obiettivi ambientali e sociali di lungo termine. Con questo approccio una quota sempre maggiore del valore delle società viene destinata ai propri azionisti, in contrasto con la legge Pacte che richiede una “più equa distribuzione dei frutti della crescita”.
Attualmente di equo c’è poco. Nel 2021 il compenso di Carlos Tavares, amministratore delegato di Stellantis, ad esempio, ha raggiunto la cifra di circa 66 milioni di euro, compresi bonus, stock option e bonus pensionistici, una remunerazione “scioccante ed eccessiva” come l’ha definita lo stesso presidente della Repubblica francese Emmanuel Macron. In sole tre ore e 22 minuti Tavares ha guadagnato quanto uno stipendio annuale medio di un dipendente della sua azienda.
Questa disparità non dovrebbe sorprendere. È il risultato di una tendenza osservata negli ultimi anni. Nel 1979 il rapporto tra il minimo salariale orario lordo (Smic) e la remunerazione media degli amministratori delegati dei 40 titoli francesi o esteri a maggior capitalizzazione quotati presso la Borsa di Parigi (Cac40) era di 1 a 40. Oggi questo rapporto è salito a 1 a 423.
Dal 2011 al 2021 il salario degli amministratori delegati delle cento maggiori aziende è aumentato del 66%, quello dei dipendenti del 21%. Nello stesso periodo il minimo salariale lordo è aumentato solo del 14%.
Sono ancora presenti le disparità di genere. Tra i leader delle 120 grandi aziende meno dell’11% è rappresentato dalle donne. E anche quando riescono a ricoprire il ruolo di manager, le donne guadagnano in media il 36% in meno degli uomini.
Equità retributiva: un’utopia?
Secondo il Rapporto “le disuguaglianze non sono inevitabili”, ma sono necessarie alcune misure specifiche per ridurle e per garantire un futuro più equo. Tra queste Oxfam France suggerisce di imporre un limite massimo di 1 a 20 per il rapporto di retribuzione media tra i manager e i dipendenti. Occorre, inoltre, garantire parità salariale tra uomini e donne e rafforzare la partecipazione dei dipendenti nei consigli di amministrazione.
Un contributo fondamentale sarà dato anche dalla riforma fiscale: eliminando la flat tax e riallineando la tassazione sul capitale con quella sul lavoro sarà possibile garantire una più giusta distribuzione della ricchezza. Bisognerà anche rivedere i criteri di retribuzione dei manager, collegandola al raggiungimento di obiettivi ambientali e sociali a lungo termine.