Un’ ennesimo schiaffo alla partecipazione democratica e alla trasparenza frutto dell’emendamento al cosiddetto Decreto Milleproroghe (numero 198 del 29/12/2022, approvato in via definitiva lo scorso 23 febbraio) che reitera le disposizioni contenute nel Decreto legge “Cura Italia” del 17/03/2020, che offriva alla società per azioni la possibilità di consentire la partecipazione e l’esercizio del voto degli azionisti mediante mezzi di telecomunicazione, anche in deroga a diverse disposizioni statutarie. Il testo menziona la “possibilità di prevedere” queste modalità alternative alla partecipazione in presenza, la quale è comunque ancora oggi garantita o mediata, appunto, da mezzi di telecomunicazione.
Tuttavia, dopo la conversione in legge del DL Cura Italia – avvenuta il 24 aprile 2020 – e le successive proroghe, fra il 2020 e il 2022 le principali società italiane quotate in Borsa – tra cui i grandi gruppi industriali e finanziari – hanno deciso di seguire la linea delle “porte chiuse”, precludendo anche la possibilità di prendervi parte attraverso i mezzi di telecomunicazione. Ciò ha comportato una totale mancanza di dialettica tra gli azionisti e gli amministratori delle società, a scapito della partecipazione.
L’emendamento delle “porte chiuse” introdotto nell’ultimo Decreto Milleproroghe è il n.3.300, presentato da Massimo Garavaglia (Lega), parlamentare che nel dicembre 2021 affermava la sua contrarietà a possibili chiusure per contrastare la recrudescenza della situazione pandemica e auspicava “un mesetto senza parlare di Covid”, e che ora vuole invece sbarrare le porte assembleari dei colossi italiani proprio per il rischio sanitario connesso all’insorgenza della epidemia da Covid-19.
In un contesto in cui il virus continua a circolare ma la fase più acuta – nonché emergenziale – è passata da tempo, è lecito interrogarsi sugli interessi tutelati da questo emendamento.
Per questo ReCommon, ISDE Italia, Greenpeace Italia, The Good Lobby e Fondazione Finanza Etica denunciano l’ulteriore restrizione degli spazi democratici in merito alla possibilità di fare da contraltare all’operato dei gruppi industriali e finanziari italiani. Chiedono inoltre agli stessi di non abusare delle disposizioni presenti nel DL Milleproroghe e consentire la partecipazione in presenza alle rispettive assemblee degli azionisti o, in extrema ratio, una partecipazione tramite mezzi di telecomunicazione equiparabile a quella in presenza. In ultimo, le organizzazioni sollecitano il governo e gli enti regolatori a intervenire a tutela dei diritti degli azionisti, affinché limitazioni di questo genere non si ripresentino più in futuro.
Come dimostrato negli ultimi anni dall’azionariato critico promosso dalle organizzazioni della società civile, le assemblee degli azionisti offrono la possibilità di confrontarsi apertamente con il management delle società e chiedere ragione del loro operato in relazione all’ambiente, al clima e ai diritti umani. Un meccanismo certo parziale e limitato, ma che cerca di porre rimedio alla totale mancanza di accountability dei gruppi industriali e finanziari – Intesa Sanpaolo e UniCredit in primis – visto il silenzio dei governi, che in alcuni casi, ad esempio in Italia, sono anche azionisti delle stesse imprese, come nel caso di Eni, Enel e Snam.
Con la recente approvazione del Milleproroghe, ancora più del passato le assemblee rischiano di ruotare solo intorno a due argomenti: il rinnovo dei CdA e lo stacco della cedola, cioè il dividendo corrisposto agli azionisti. Questi consessi rappresentano così la distanza abissale che intercorre tra i colossi italiani e il ‘Paese reale’, con i bisogni delle persone che non trovano altro spazio se non quello di subire decisioni prese altrove. Si pensi proprio al mega-programma di buyback di azioni promosso da Eni per accrescere ancora di più il futuro dividendo degli azionisti, mentre in Italia la povertà energetica è dilagante. Di questo tema o delle istanze dei territori impattati dalla condotta delle multinazionali energetiche o dai finanziamenti dei grandi istituti di credito non si potrà trattare durante le assemblee a porte chiuse.
La situazione, in prospettiva, potrebbe essere ancor più critica, leggendo le parole di Luciano Acciari, coordinatore del Forum dei segretari dei CdA e membro del management di Leonardo. Sembra, infatti, che vi sia l’intenzione di decretare la fine dell’azionariato critico – in crescita in Italia negli ultimi anni, consentendo “l’intervento dal vivo solo ai soci dotati di un pacchetto di azioni minimamente significativo, che tagli fuori i “disturbatori” in cerca di visibilità o altri interessi”.
Anche il quotidiano online Italia Informa ha denunciato in maniera forte questa pericolosa deriva, parlando di “democrazia a pezzi”. Una voce autorevole, se si pensa che il Comitato Scientifico del quotidiano è composto da membri di quelle stesse società che, fra il 2020 e il 2022, hanno scelto la linea dura delle assemblee a porte chiuse, sintomo evidente di un forte dissenso in seno alle stesse.