Non è certo una sorpresa la cautela della CGIL sul tema. A questo proposito trovo divertente ma testimone sincero di una cultura il siparietto del segretario FIOM Rosario Rappa “Calenda ha troppa inventiva e sta innovando troppo”.
Calenda, in effetti, ha un po’ spiazzato tutti con la sua proposta per Alcoa. Le pur diverse forme di partecipazione dei lavoratori alla vita delle imprese non erano da tempo all’ordine del giorno del dibattito politico sindacale.
Certo ci sono sia la CISL che la UIL che lo considerano da sempre un loro cavallo di battaglia e leggendo con una discreta lente di ingrandimento si può trovare qualcosa al riguardo nel recente documento firmato dai sindacati confederali con Confindustria.
C’è poi, sempre sullo sfondo, l’interessante invito alla riflessione di Martini e di Colla due importanti confederali della CGIL che animerà sicuramente il loro dibattito congressuale. È però chiaro che la costruzione di un modello partecipativo in Italia sconterà inevitabilmente i limiti e le ambiguità ancora presenti nel dibattito sindacale e non solo.
Alle visioni e approcci diversi nel sindacato confederale ne fa da contraltare un’altra di segno opposto dietro cui si nasconde buona parte del mondo delle imprese che non vuole nemmeno sentirne parlare. Di Vico oggi riprende il tema sul Corriere ( http://bit.ly/2qw83Jd ).
La notizia è che alle ambiguità sindacali e ai tentennamenti del mondo delle imprese i lavoratori chiamati a esprimersi non hanno avuto dubbi. Dopo anni di preoccupazioni, di speranze e delusioni sul loro futuro, hanno voluto esprimere all’unanimità un concetto chiaro e forte.
È come se avessero detto: “L’azienda che rinascerà sarà anche un po’ nostra. Ce lo siamo meritato quando siamo stati lasciati soli dalla vecchia proprietà, dalle istituzioni e da regole del gioco che rendono poco interessante investire nel nostro Paese e, ancora di più nella nostra isola.”
Marco Bentivogli ha fatto bene a sottolineare che spesso i lavoratori con il loro buon senso sono più avanti dei tatticismi e dei dubbi delle organizzazioni sindacali. La CGIL, da parte sua solleva un problema evidente quello del rapporto tra contrattazione e partecipazione. Quindi tra il sindacato e l’eventuale associazione dei lavoratori.
A parere mio, non c’è nessun rapporto diretto. Sono due entità con compiti e responsabilità diverse. D’altra parte il rapporto tra principi sindacali e insieme dei lavoratori è cambiato in profondità sotto i colpi delle ristrutturazioni e riorganizzazioni delle imprese.
Lo si vede chiaramente in molte crisi aziendali dove il sindacato si trova in difficoltà a gestire princìpi che contrastano con la mancanza di alternative praticabili. Lo stiamo vendendo alla Castelfrigo dove azienda e maggioranza dei lavoratori stanno cercando di impedirne la chiusura accettando condizioni difficili, ma inevitabili, lo vedremo tra breve all’Auchan di Napoli dove il subentro di un terzo non sarà indolore, lo vedremo all’Embraco di Chieri. Anche all’ILVA o alla stessa Alcoa non sarà facile.
È l’idea che tutto il contesto può cambiare ma che le condizioni precedenti possano in qualche modo restare ancorate al passato che è ormai al capolinea. All’Alcoa però i lavoratori hanno buttato il cuore oltre l’ostacolo creando le premesse per un coinvolgimento concreto sul loro futuro.
Sabato prossimo a Vicenza al “Festival dei territori industriali” Federmeccanica propone un dibattito che si annuncia interessante sulla via italiana alla partecipazione con Rocco Palombella. Qualcosa si muove. Purtroppo questa via è sempre stata lastricata da buone intenzioni e da pochi passi in avanti. Per questo Alcoa segna comunque un punto positivo. Ci sono tante formule che possono consentire passi in avanti.
Per chi come me ha iniziato ad occuparsi di questo tema tanti anni fa, prima con il Centro studi sui problemi dell’impresa (CESIPI) poi sotto la guida delle intuizioni del prof. Baglioni e infine nella redazione della rivista “Impresa al Plurale” il tema delle forme di collaborazione tra capitale e lavoro e della sue declinazioni possibili resta un tema sensibile e affascinante.
Ma proprio per queste esperienze che non hanno portato a nulla di concreto credo occorra muoversi con realismo e gradualità.
Ha ragione Di Vico in conclusione del suo articolo di oggi. “Se le forze sociali vogliono reintermediare dopo le votazioni del 4 marzo quale migliore occasione di un aperto dibattito sulla democrazia economica? È una occasione importante.
Sarebbe il caso di non farsela sfuggire ancora.
(www.mariosassi.it, 12.04.2018)