Tutti a commentare la “gloriosa” frase di Renzi («il posto fisso non c’è più»). Una sequela di commenti inutili, anche irritanti, «ha ragione», «ha torto», «non sa di che parla», «che grande scoperta», «e con questo?», «l’ha detto prima D’Alema», «no, l’hanno detto prima i riformisti democratici». Lo spot è in rete, come al solito il premier ha trovato il modo di farsi un po’ di pubblicità e attirare su di sé i riflettori, come se la questione fosse il “c’è o non c’è, sfoglia la margherita e lo saprai”.
La replica di Giorgia Meloni
Assurdo per chi fa sacrifici e per la gente che soffre. «Il problema – replica Giorgia Meloni – non è che in Italia non si trovi più il posto fisso: in Italia non si trova proprio più il lavoro, neanche un posto precario. Servono politiche di crescita che possano rendere utile e favorevole assumere dei lavoratori. Abbiamo grandi sfide di fronte. La prima: detassare il lavoro, perché in Italia un lavoratore costa a chi assume il doppio di quanto c’è in busta paga e percepisce stipendi drammaticamente bassi».
Alcune proposte concrete
La proposta di FdI-An, che mutua il cosiddetto Jobs Italia di Luca Ricolfi, è il “contratto di lavoro italiano”: costo totale per chi assume 1200 euro al mese, 1000 euro al mese netti in tasca al lavoratore, 200 euro in tasse. Una cosa di questo tipo sicuramente aiuterebbe ad assumere nuovo personale. L’altra sfida è il tema della partecipazione dei lavoratori agli utili dell’impresa. Basta la retorica, che ho sentito anche dalla piazza dei sindacati, dello scontro tra padrone e lavoratore: è il tempo della solidarietà. Molto spesso quello che si chiama “il padrone” è disperato tanto quanto il lavoratore, se non a volte addirittura di più. Sarebbe un segnale importante prendersi per mano e dire: ce la mettiamo tutta, lo facciamo insieme e alla fine ci dividiamo gli utili e i guadagni che farà l’impresa»
(F. Carro, www.secoloditalia.it, 27.10.2014)