Si è svolto Sabato 23 febbraio, presso l’Unione Industriale di Torino, il convegno, moderato da Ezio Ercole, Vice-Presidente dell’ Ordine dei Giornalisti del Piemonte, dedicato all’ Industria 4.0: partecipazione e cogestione dei lavoratori nell‘era dell‘intelligenza artificiale, organizzato dall’associazione Europa Nazione Cristiana in collaborazione con l’ UCID, l’ Ordine dei Giornalisti, Alpina e Poesia Attiva.
Riportiamo qui di seguito una breve sintesi degli interventi dei partecipanti e il testo integrale del discorso di Riccardo Lala.
IL CONVEGNO DEL 23
Dopo i saluti, a nome dell’ Unione Industriale di Torino, di Massimo Richetti, responsabile del Servizio Sindacale dell’Unione, sono intervenuti il Sottosegretario al Lavoro Claudio Durigon, in teleconferenza da Verona, Alberto Sacco, Assessore al Lavoro Comune di Torino, che ha letto un messaggio della Sindaca Chiara Appendino e Gianna Pentenero, Assessore al Lavoro della Regione Piemonte, che ha parlato delle interconnessioni fra la crisi demografica e l’automazione.
Alberto Acquaviva, presidente dell’associazione Europa Nazione Cristiana: ha aperto i lavori facendo alcuni cenni storici sulla Dottrina Sociale della Chiesa e proponendo la convocazione degli Stati Generali del Lavoro, mentre il presidente di Diàlexis, Riccardo Lala, ha delineato un panorama legislativo, tecnico e giuridico, nazionale ed europeo.
Ezio Sciarra, ordinario di Metodologia delle Scienze Sociali, Università degli Studi “Gabriele d’Annunzio” di Chieti e Pescara, ha proposto soluzioni per salvare il lavoro al tempo della robotica. Riccardo Ghidella, presidente nazionale dell’UCID (Unione Cristiana Imprenditori e Dirigenti), ha indicato, fra le priorità per lo sviluppo in Italia, un’innovazione tecnologica più efficace e più realistica di quella ch’è stata effettivamente, ma tardivamente, perseguita con i provvedimenti governativi in vigore.
Nel corso di una tavola rotonda con i rappresentanti del mondo dell’impresa e del sindacato, Erminio Renato Goria, presidente regionale dell’UCID Piemonte e Alberto Carpinetti, presidente torinese, hanno presentato il risultato dei lavori delle loro associazioni in materia di valorizzazione a bilancio del capitale umano delle imprese, mentre Alessandro Svaluto Ferro, direttore Pastorale Sociale e del Lavoro dell’Arcidiocesi di Torino,ha invocato il superamento della narrativa basata sulla conflittualità fra capitale e lavoro.
Sono poi intervenuti i rappresentati delle organizzazioni sindacali: Cinzia Maiolini, responsabile nazionale Ufficio Progetto Industria 4.0 della CGIL; Antonio Sansone, segretario regionale Fim Piemonte; Dario Basso, Segreteria della UIL-UGL con delega Industria 4.0, e Luigi Ulgiati, vice-segretario generale dell’UGL.
L’INTERVENTO DI RICCARDO LALA
Per progredire in qualunque genere di riflessione sul futuro del lavoro, occorre gettare uno sguardo trasversale su materie apparentemente diversissime: (i) l’informatica; (ii) il diritto del lavoro; (iii) l’innovazione.
Questo sguardo permette innanzitutto di osservare empiricamente che:
- in un’ottica storica, la partecipazione dei lavoratori non risulta essere stata di ostacolo, ma, anzi, ha normalmente favorito, il rafforzamento delle imprese nella competizione internazionale;
- in particolare, l’esigenza di partecipazione non viene frustrata, bensì esaltata, dall’introduzione delle nuove tecnologie, le quali, accrescendo la qualità e la responsabilità del lavoro, hanno, quale implicito corollario, che i lavoratori diventino più importanti nei processi produttivi, e debbano perciò essere ascoltati anche sulle strategie aziendali.
Per comprendere quest’ importanza accresciuta della partecipazione nell’era delle macchine intelligenti, ritengo essenziale compiere preliminarmente una carrellata sull’intera materia, da un lato, dell’automazione, e, dall’ altro, della partecipazione, per poi vedere, alla fine, come esse si congiungano, e/o possano, e/o debbano, congiungersi oggi.
Quest’intervento si articolerà quindi in quattro parti:
- la prima sarà dedicata a un rapido excursus sulle prospettive dell’automazione, non solo quella limitata al mondo della fabbrica, nei prossimi decenni;
- la seconda, a far comprendere quanto variegate possano essere le forme di partecipazione dei lavoratori nei vari Paesi e nei vari tipi d’impresa;
- passerò poi ad esaminare come i due fenomeni – automazione e partecipazione – interagiscano, e/o possano, e/o debbano, interagire fra di loro nella presente fase storica, caratterizzata dalla rivoluzione digitale, in Italia e in tutta l’Europa;
- infine, qualche parola sulle prospettive di azione comune in direzione del futuro, che è l’obiettivo per il quale abbiamo concepito questo incontro.
VERSO L’ AUTOMAZIONE TOTALE?
1. E’ possibile prevedere i prossimi anni?
Per comprendere la meccanica dell’introduzione delle nuove tecnologie, occorre innanzitutto situarla nel tempo e nello spazio. Giacché non accetto per altro una visione deterministica dell’evoluzione tecnologica, la quale ultima mi pare invece intrinsecamente legata alle libere scelte umane, condivido anche lo scetticismo circa le periodizzazioni, che sono state proposte, dell’evoluzione dell’Intelligenza Artificiale. Tuttavia, dalla lettura incrociata dei programmi dichiarati da Stati Uniti e Cina e delle esternazioni dei leaders dell’industria informatica, a cominciare da Ray Kurzweil, direttore tecnico di Google, si ottengono comunque dei grandi orientamenti circa gli eventi futuri, fondati sulle aspettative di quei soggetti circa la propria capacità di sviluppare e diffondere le nuove tecnologie. Queste fasi sogliono essere definite, usando la terminologia consueta nel campo della progettazione, con le sigle 1.0, 2.0, 3.0, 4.0, 5.0…. Oggi, siamo giunti oramai a un momento di transizione fra le fasi “4.0” e “5.0”.
a. Fase “4.0”
Sintetizzando, nella fase attuale della storia delle macchine intelligenti:
- da un lato sono già presenti, almeno sul piano sperimentale, molte delle tecnologie determinanti della rivoluzione digitale (spaziale, nanotecnologie, quantistica, big data, intelligenza artificiale, reti neuronali, clonazione, fecondazione assistita, uomo in provetta, robot, androidi, droni, veicoli e armi autonomi “hair trigger alert”, missili ipersonici);
- dall’altro, però, esse sono utilizzate ancora in modo discreto e sono invece utilizzati per ora soltanto in modo molto generico la sorveglianza di massa, gli smartphone, internet, i social networks, i droni….
b. Fase ”5.0”
Questa sarà caratterizzata dall’”internet delle cose e dei servizi”, dal credito sociale, dal popolamento dello spazio, e, inoltre dalla generalizzazione del diritto dell’informatica, nelle sue varie aree, come le norme sulla privacy, il codice etico per i robot, la responsabilità civile delle macchine autonome, il voto digitale…Il tutto favorirà l’unificazione fra le varie tecnologie.
c. Fase delle “Macchine Spirituali”
Nella visione di molti teorici dell’informatica, in una fase finale (che sempre Ray Kurzweil chiama “delle “Macchine Spirituali”) si dovrebbe realizzare l’unificazione di tutti i sistemi di controllo in un unico sistema digitale.
2. Il ruolo dell’Italia e dell’Europa
Per comprendere come le nuove tecnologie influenzino, e influenzeranno sempre più, le nostre vite, occorre anche rendere conto degli effetti dell’attuale arretratezza tecnologica dell’Italia e dell’Europa.
Come quest’arretratezza incida sul PIL nazionale (crescita 0,2% nel 2019) ed europeo (1,3%) è relativamente facile da spiegare:
- in modo diretto: una grande quantità di profitti, che prima rimanevano nel Paese dov’era situata l’unità produttiva, e/o il centro direzionale, e/o il domicilio della proprietà, e/o quello dei massimi dirigenti, oggi si spostano verso paradisi fiscali all’estero, verso intermediari digitali di varia natura, difficilmente tassabili, e che comunque i legislatori esitano fortemente a tassare, o, infine, verso le stesse case madri situate nella Silicon Valley, a Hanzhou, Shenzhen, ecc…
- in modo indiretto: erosione o elusione fiscale, diminuzione del gettito complessivo, fuga di dati sensibili o addirittura segreti, spostamento all’estero dei ruoli apicali, tecnici e specialistici dell’impresa e delle pubbliche amministrazioni, dipendenza degli Stati dalle multinazionali, indebolimento del patrimonio nazionale di competenze, ecc…
3. Migliorare la catena del valore
A parte, quindi, l’ovvia necessità di una difesa sul piano legislativo contro queste forme di svuotamento dell’ economia nazionale ed europea, l’unica altra contromisura effettiva è costituita da una trasformazione della struttura economica del Paese, che permetta di elevare, nella catena del valore, tutti i tipi di attività, e, in particolare, le attività economiche, attraverso l’incremento dell’ integrazione digitale del sistema (fra P.A. e imprese; fra produttori finali, clienti, fornitori e intermediari; fra fornitori e rispettive filiere; fra imprese, lavoratori e comunità), riportando nel Paese non tanto e non soltanto la manifattura, bensì soprattutto la redditività della stessa, riprendendoci il controllo sui flussi finanziari e di comando, attraverso la creazione di un’industria digitale italiana ed europea. Come intuibile, questa trasformazione richiederebbe un salto qualitativo importante da parte di tutti: accademia, pubblica amministrazione, imprese, lavoratori, cittadini, ma, soprattutto, Unione Europea e Stati membri. La tecnologia blockchain, permettendo una registrazione decentrata dei flussi di dati, potrebbe permettere la tassazione personalizzata dei trasferimenti internazionali di dati e l’applicazione di imposte nazionali e/o europee sulle multinazionali del web.
In questo contesto, risulta fondamentale una rinnovata solidarietà fra capitale e lavoro, per ideare strategie, proporle al mondo politico e attuarle a livello di azienda.
Un utilizzo efficace delle nuove tecnologie implica infine un enorme sforzo di formazione per tutti i ruoli, a cominciare da quelli più elevati. Non tanto e non solo per permettere a ciascuno di fare meglio il suo mestiere con i nuovi strumenti, ma anche per la portabilità delle competenze, cioè la possibilità di transitare verso ruoli diversi, e, in generale, più elevati. Questo sforzo non può avere successo se non sarà maggiormente coordinato a livello europeo. Farò qualche esempio di come questo sforzo possa articolarsi ai diversi livelli:
a) ”Upskilling”
Sembrerebbe ovvio che le nuove tecnologie rendano possibile svolgere con minore sforzo gli stessi compiti, oppure svolgere, con lo stesso sforzo, più compiti, cosa che tradizionalmente equivaleva a un una crescita di grado e di responsabilità. Questo fatto sta avendo un impatto immediato sulla struttura dell’occupazione, con la scomparsa progressiva dei tradizionali “operai”, e la loro sostituzione con “operatori digitali”, spesso diplomati presso gli ITI, o, addirittura, laureati.
b) ”Upgrading”:
L’elasticità richiesta dalle nuove tecnologie richiede un’accresciuta attenzione per le materie umanistiche. Infatti, specie ai livelli più alti, la possibilità per un solo operatore di gestire più attività (per esempio, un’intera officina, un intero studio legale, un’intera clinica), implica l’accumularsi anche di maggiori responsabilità (etiche, legali, sociali, amministrative, finanziarie, di rappresentanza), per le quali non bastano più le competenze tecniche e informatiche.
4. ”Enhancement”
Per questo, la formazione permanente non dovrebbe essere limitata ai ruoli esecutivi: anzi, dovrebbe essere diretta soprattutto ai ruoli direttivi, che saranno i più coinvolti dall’Intelligenza Artificiale, e anche i più a rischio (direttori, commercialisti, analisti finanziari, capi-fabbrica…), concretizzandosi in un vero e proprio “aumento” della loro capacità di leadership, capace di controbilanciare l’influenza dei gestori multinazionali delle reti.
COS’È MAI LA PARTECIPAZIONE DEI LAVORATORI?
Concetto fluido tanto circa ai contenuti, quanto al suo stesso perimetro, la partecipazione è un’esigenza che si pone da sempre, in quanto il lavoro è un’attività umana che richiede uno sforzo congiunto di tutti. Per esempio, abbiamo avuto forme di partecipazione nelle corporazioni medievali, nei sindacati, nelle cooperative e nel diritto del lavoro in generale.
Nel mondo contemporaneo, vi sono diverse forme di partecipazione, nell’impresa e nella società. Queste differenze si riferiscono, tanto alla forma giuridica, quanto alla realtà effettuale, sociale e/o politica, della partecipazione. Dal punto di vista giuridico, possiamo distinguere:
a) Forme di partecipazione nell’ ambito dell’ “ordinamento intersindacale”
E’ il sistema tipico dell’Italia, dell’Inghilterra e dei Paesi scandinavi. La partecipazione è garantita più dall’azione delle parti sociali che dalla legge. Inoltre, i lavoratori possono influenzare l’organizzazione dell’impresa solo dall’ esterno. Ciò non significa che non ci siano forme, spesso anche molto penetranti, di partecipazione alle strategie aziendali e all’organizzazione del lavoro. E’ questo tipo di partecipazione a essere in crisi, perché sono in crisi gli elementi sociologici che ne erano alla base: la prevalenza dell’industria sul terziario, le grandi fabbriche tayloriste e fordiste, il rapporto di lavoro subordinato a tempo determinato.
b) I diritti di informazione e consultazione
I diritti d’intervento dei lavoratori nelle materie di cui sopra sono stati rafforzati dalle direttive europee, ponendosi, così, a mezza strada fra il sistema italiano e quello tedesco.
c) Lo statuto d’impresa e la cogestione
E’ il modello vigente, per legge, in Germania, il quale comprende tre set distinti di norme: quelle sulla rappresentanza nel consiglio di sorveglianza, quello sulla partecipazione dei comitati d’impresa alle decisioni che riguardano i lavoratori, e quello relativo all’“Arbeitsdirektor”, un membro del consiglio di gestione responsabile per le questioni di personale. L’approccio della cogestione esce, in Germania, dall’ ambito puramente aziendale, e si estende, invece, a una concertazione generalizzata nella società civile (“Selbstverantwortung der Wirtschaft”).
d) Società europea e comitati aziendali europei
Sono delle anticipazioni di un’organizzazione aziendale di tipo “tedesco” introdotte in tutta Europa attraverso l’armonizzazione del diritto societario e del lavoro dell’Unione Europea.
e) La partecipazione finanziaria
Si articola, a sua volta, attraverso svariati istituti, presenti in modo diverso nei vari Paesi: la partecipazione agli utili (l’86% delle grandi imprese europee), le “stock options” per i dirigenti, i piani di azionariato per i dipendenti (come il Piano LECOIP 2.0 di Banca Intesa).
I modelli della cogestione e dell’”ordinanamento interconfederale” (tradeunionismo) sono diffusi in modo ineguale in Europa, con una prevalenza di quello della cogestione, concentrata prevalentemente nell’ Europa Centrale e Settentrionale. Solo all’interno della UE, i Paesi senza cogestione sono veramente pochi. L’Unione Europea persegue da sempre un’opera lentissima di armonizzazione legislativa, volta ad estendere, attraverso direttive di raccomandazione, gli istituti della cogestione:
a) identitari: la cogestione corrisponde al “Modello sociale europeo” (tradizioni comunitaristiche, democrazia economica, coesione sociale, efficienza)
b) religiosi: dottrina sociale della Chiesa/ «organische gedachte calvinista» (dignità del lavoratore, solidarietà);
c) sovranisti: protezione dell’industria nazionale (casi Volkswagen, Pirelli-Continental e Daimler-Chrysler);
d) economici: l’economia tedesca, grazie anche e soprattutto all’interpretazione estensiva della cogestione quale “autogestione dell‘ economia“, è riuscita a registrare, in controtendenza rispetto al resto dell‘ Europa , e soprattutto all‘ Italia, una drastica crescita del PIL proprio in un periodo di crisi generalizzata. Anche se questo periodo di grazia sembra essere alla fine.
L‘ Art. 46 della Costituzione afferma: “Ai fini della elevazione economica e sociale del lavoro e in armonia con le esigenze della produzione, la Repubblica riconosce il diritto dei lavoratori a collaborare, nei modi e nei limiti stabiliti dalle leggi, alla gestione delle aziende”.
Per quanto nessuno l’abbia abolito, quest‘articolo è rimasto fino ad ora inattuato. A ciascuna nuova legislatura sono stati presentati vari disegni di legge che non sono mai stati attuati integralmente, sicché, come abbiamo visto, la partecipazione nelle imprese è affidata piuttosto all‘ ordinamento intersindacale, nonché a sporadiche forme di partecipazione contrattuale, come quella che è stata vissuta per un breve periodo dall‘ Alitalia.
Questi esempi episodici di cogestione sono costituiti dalla governance dell‘ INPS, dalla partecipazione al capitale, per esempio in alcune banche, e agli effetti indotti dalle direttive europee (Comitati aziendali europei, Statuto della società europea, diretto a rendere possibili forme di partecipazione collettiva dei dipendenti all’interno dell’impresa societaria, diritti di informazione, raccomandazione CEE che promuove la partecipazione dei lavoratori ai profitti e ai risultati dell’impresa, compresa la partecipazione al capitale tramite l’azionariato).
LA PARTECIPAZIONE NELL’INDUSTRIA 4.0
L’introduzione dell’industria 4.0 sta comportando cambiamenti strutturali dell’occupazione, come osservato nel Progetto Lavoro 4.0 della CGIL: «I criteri di inquadramento previsti dai contratti collettivi pensano a una realtà ormai superata. Presupponevano figure statiche, ruoli più esecutivi, mentre i nuovi modelli organizzativi richiedono altre competenze, come l’autonomia, il lavoro in team». In generale, «c’è un’evoluzione reale del mondo del lavoro che le regole ancora ignorano».
Inoltre, «La diffusione dell’intelligenza artificiale sta portando sempre più gli algoritmi a modificarsi autonomamente, sulla base degli obiettivi programmati. Per questo è sempre più urgente conoscere e contrattare i principi di base del software impiegato. L’algoritmo va verificato e modificato sulla base di un equilibrio tra necessità dell’impresa e diritti del lavoro. Esattamente come si è fatto nei confronti della tecnologia fordista e dell’organizzazione del lavoro taylorista rispetto alle presunte oggettività del sistema ‘Tempi e Metodi’»
Anche il sistema giuridico italiano ha conosciuto recentemente qualche piccolo, e sperimentale, passo in avanti, quali il “contratto 4.0”, che passa attraverso la valorizzazione della contrattazione territoriale e aziendale e il «coinvolgimento paritetico».
La Legge di Stabilità del 2016 aveva introdotto la possibilità d’ importanti sgravi fiscali e contributivi. Le limitazioni legate agli importi massimi (fino a 4.000 euro) potevano essere superate nel caso in cui l’azienda prevedesse forme di coinvolgimento paritetico dei lavoratori. Con la circolare n. 28/E del 2016, l’Agenzia delle Entrate aveva precisato che, al fine di beneficiare di tale incremento su cui applicare l’imposta sostitutiva, era necessario che i lavoratori intervenissero, operassero ed esprimessero opinioni che, in quello specifico contesto, erano considerate di pari livello, importanza e dignità di quelle espresse dai responsabili aziendali che vi partecipavano con lo scopo di favorire un impegno “dal basso” che consentisse di migliorare le prestazioni produttive e la qualità del prodotto e del lavoro
In Germania, l’esigenza di una collaborazione fra Stato, Regioni, Imprese e sindacati per fare fronte alle rapide trasformazioni tecnologiche ha portato alla formazione di «alleanze», come quelle del Nordrhein-Westfalen e del Baden-Württemberg per l’industria 4.0.
Molta attenzione viene posta al trattamento giuridico delle innovazioni tecnologiche alla luce della normativa sulla cogestione. Il che ha tra l’altro l’effetto collaterale che esse vengono monitorate con grande attenzione da parte di tutti, con il particolare obiettivo di prevenirne eventuali effetti nocivi e abusi (principio di precauzione). Quest’attenzione è stimolata innanzitutto dal fatto che le decisioni aziendali necessarie per introdurre una nuova tecnologia sono classificate dal legislatore in un modo diverso a seconda della loro natura. Perciò, è necessario innanzitutto, nelle relazioni sindacali e negli organi aziendali, procedere alla loro qualificazione giuridica, per poi decidere con quale procedura debbono essere gestite.
Ecco i diversi livelli di decisionalità attribuiti alla rappresentanza dei lavoratori per le varie categorie di decisioni:
a) Cogestione «piena» (orario di lavoro, metodi retributivi, premialità, controlli elettronici, normativa di sicurezza, formazione, modifiche delle competenze, ferie, lavoro di gruppo)
b) Ruolo consultivo (investimenti, chiusura e ridimensionamento di unità produttive, cambiamenti organizzativi, introduzione di nuovi processi, programmi di produzione, concezione e configurazione delle postazioni di lavoro)
c) Diritti d‘ informazione (privacy, piani di carriera, situazione economica)
PREPARARE IL FUTURO
Nel corso delle passate legislature, erano stati fatti sforzi in varie direzioni per introdurre nella legislazione italiana forme di partecipazione e di cogestione coerenti con il dettato costituzionale, inattuato dopo ben 71 anni.
Per ciò che concerne la partecipazione agli utili, Marco Biagi aveva lasciato al Ministero del Lavoro, poco prima della sua morte, un’ottima bozza di proposta di legge, e, in particolare, un dettagliato studio preliminare.
Per ciò che concerne la partecipazione alla gestione, i vari progetti di legge erano stati unificati dal senatore Ichino in un’unica proposta di legge, il cui principio centrale era:
«1. Le imprese possono stipulare con le organizzazioni sindacali un contratto collettivo volto a istituire una delle forme seguenti di informazione, consultazione, partecipazione, o coinvolgimento dei lavoratori nell’andamento azienda:
a) obblighi di informazione o consultazione a carico dell’impresa stessa nei confronti delle organizzazioni sindacali stesse, dei lavoratori, o di appositi organi individuati dal contratto medesimo, in conformità con il diritto comunitario laddove esso ponga disposizioni vincolanti in proposito;
b) procedure di verifica dell’applicazione e degli esiti di piani o decisioni concordate, anche attraverso l’istituzione di organismi congiunti, paritetici o comunque misti, dotati delle corrispondenti prerogative».
Come dicevamo, questi progetti non hanno conosciuto neppure un iter legislativo completo.
Due sono le priorità per preparare il futuro:
Esigenza di un’ azione coordinata per la difesa del lavoro
I dati sull’ andamento dell’ economia in Italia ed Europa rispetto al resto del mondo indicano una situazione emergenziale, in cui la coesione sociale deve far premio sulla conflittualita’, come dimostrato dal fatto che, il 14 dicembre scorso, la giunta della Regione Piemonte ha addirittura approvato la proposta di candidatura per il riconoscimento di area di crisi industriale complessa dei 112 Comuni del sistema locale del lavoro di Torino.
Come illustrato sopra, la situazione attuale renderebbe necessario un coordinamento di tutte le forze per organizzare la difesa del lavoro in Europa, in Italia e in Piemonte. Un processo di queste dimensioni non riesce a essere completamente «autodiretto» da imprese e sindacati, perché:
- i capitali provengono ormai in gran parte dal di fuori dell’ Europa;
- il management e i lavoratori (salvo che nelle maggiori imprese) sono impreparati, tant’è vero che la maggior parte delle imprese italiane non ha neppure usufruito dei vantaggi dell’Industria 4.0.
C’è stata una progressiva riduzione delle risorse disponibili per l’ Industria 4.0
Finora, le legislazioni nazionali, e soprattutto quella europea, non hanno affrontato i nodi più scottanti dell’ Upskilling e dell’ Enhancement.
Perciò, trattandosi chiaramente di un fallimento del mercato, tutto il settore pubblico dovrà strutturarsi per supportare quest’immane massa di nuove attività, e, in particolare, investimenti europei nei settori di punta e la tutela dei dati di cittadini, imprese ed Enti pubblici. Tuttavia, il Piano Juncker non ha dato indicazioni significative a questo riguardo, mentre, come noto, la manovra finanziaria italiana ha tutt’altre priorità. Nel 2014, in occasione della elaborazione, da parte di Jean-Claude Juncker, dell‘ omonimo piano, gli avevamo inviato una lettera aperta, poi divenuta il Quaderno „RE-starting EU Economy via Tecnology-Intensive Industries“.
Certamente l’Unione Europea si è attivata recentemente con delle attività a livello europeo, e, in primo luogo, con la formazione di un’ «Alleanza per l’ Intelligenza Artificiale» sul modello tedesco, e, poi, una dichiarazione fra gli Stati Membri per la cooperazione nell’ Intelligenza Artificiale, una Tavola Rotonda fra le Istituzioni sullo stesso argomento, e, infine, con la Comunicazione della Commissione sull’ Intelligenza Artificiale.
Tuttavia, nessuna risposta concreta è pervenuta alla nostra lettera aperta al Presidente Juncker, e, dopo cinque anni, siamo ancora fermi appena a una formulazione di principio e allo stanziamento di fondi senza indicazioni precise di strategie. In particolare, mancano:
- un Ente europeo sul modello del DARPA americano, preposto alle nuove tecnologie;
- un Ente di programmazione;
- una struttura coordinata di formazione;
- dei gruppi finanziari/industriali dedicati;
- nuove forme di partecipazione adeguate al settore informatico, e alle collaborazioni fra i campioni nazionali e le piccole e medie imprese.
Rivendicare un ruolo per la nostra città
Torino possiede una tradizione importante nel settore del diritto sociale. Nell’ Ottocento, essa aveva rivestito un ruolo importante nel campo del cristianesimo sociale, con Giulia di Barolo, Don Bosco e Faà di Bruno. Nel ‘900, divenuta la più industrializzata delle città italiane, fu teatro di violente lotte sociali, vide la firma dell’accordo sulle 8 ore e l’occupazione delle fabbriche, fece oggetto dei dibattiti di Gramsci e Gobetti. Nel 2° Dopoguerra, a Torino fu firmata la Carta Sociale Europea e fu creato il Centro di Formazione dell’Ufficio Mondiale del Lavoro. In Piemonte, avevamo un’Olivetti che costituiva un modello di impresa impegnata nella società per il coinvolgimento dei lavoratori e del territorio, e, allo stesso tempo, un polo di avanguardia dell’ industria informatica.A Torino si verificarono gli scontri di Corso Traiano, ma si ebbe anche la manifestazione dei 40.000. Attualmente, Torino è il palcoscenico su cui si confrontano No TAV e Sì TAV. A Torino si svolge da alcuni anni l’esposizione “A&T”, in cui vengono presentate le più recenti innovazioni nel settore dell’innovazione.
Torino avrebbe tutte le carte in regola, ma anche tutto l’interesse, a ridivenire un polo di elaborazione di proposte per il diritto sociale nelle nuove condizioni socio-economiche.
Per quanto riguarda la Casa Editrice Alpina, la nostra proposta molto concreta è quella di inserire il tema della partecipazione nella società digitalizzata fra i “Baustellen Europas” che stiamo organizzando, d’accordo con la Direzione del Salone, il Movimento Europeo, il Comitato Economico e Sociale e la Confederazione Europea dei Sindacati, al Salone del 2019. Manifestazione a cui invitiamo tutti a partecipare.