È la più grande organizzazione dei metallurgici del mondo.
La figlia di un immigrato italiano eletta a capo del consiglio di fabbrica della Volkswagen. Daniela Cavallo, 46 anni, madre di due figli, sarà la prima donna responsabile dei 670 mila dipendenti della «casa» di Wolfsburg, in maggioranza iscritti alla IG Metall, il sindacato dei metallurigici, il più grande al mondo. «Sono orgogliosa delle mie radici italiane», aveva dichiarato al Business Magazin, «ma mi sento a casa a Wolfsburg».
Avrà una grande responsabilità in un momento difficile per l’auto, a causa della pandemia e dell’incognita dei verdi. Forse Annalena Baerbock, leader dei Grünen, non diventerà cancelliera dopo il voto del 26 settembre, ma il suo partito entrerà sicuramente nel prossimo governo federale, e i fondamentalisti verdi hanno in programma di rendere Berlino auto free, entro il 2027, una metropoli dove si dovrà andare a piedi, in bicicletta o in monopattino.
I genitori di Daniela giunsero in Germania dalla Calabria all’inizio degli Anni Settanta, e finirono a Wolfsburg, la città tra Hannover e Braunschweig nata durante il III Reich per ospitare la fabbrica dell’auto del popolo, e a cui fu dato il nomignolo di Hitler, chiamato Wolf, lupo, dagli amici, particolare che dopo la guerra si cercò di dimenticare. I lavoratori italiani furono protagonisti della ripresa tedesca negli anni del boom. Frau Cavallo nacque nel 1975, un anno difficile dopo la grande crisi petrolifera del ’73. I dirigenti della VW, che era, ed è, la più grande impresa a partecipazione statale, andarono dal cancelliere Helmut Schmidt per chiedere aiuto. Anche se era un socialdemocratico, un compagno, Schmidt rispose: «Fate auto migliori, o chiudete».
Nel ’73, la VW promise un premio di 10mila Deutsche Mark per le dimissioni volontarie dei dipendenti. In Germania non esiste la liquidazione, se non è prevista da contratti aziendali. Sui giornali italiani apparve la notizia che gli operai italiani manifestavano per strada a Wolsburg perché venivano licenziati. Andai sul posto e scoprii che avveniva il contrario. I Gastarbeiter, i lavoratori ospiti, come venivano definiti, protestavano per venire licenziati, per loro 10mila marchi erano una piccola fortuna, potevano tornare a casa e aprire un piccolo negozio. Ma la VW voleva liberarsi degli impiegati, non degli operai: «E gli italiani sono i migliori», mi dissero.
Questo era il clima a Wolfsburg, quando nacque Daniela. Il signor Cavallo, suo padre, volle rimanere alla catena di montaggio del Käfer, il Maggiolino. «Papà mi disse che la VW era la migliore impresa, se ottieni un posto di apprendista, il tuo futuro è assicurato», ha raccontato Daniela. Seguì il consiglio, entrò in amministrazione, nel 1994 subito dopo l’Abitur, la maturità, cominciò a occuparsi in particolare dei giovani dipendenti, dal 2002 è entrata nel consiglio di fabbrica.
La sua carriera è stata regolare ma veloce, dicono in azienda. Le sue doti sono la pazienza e la caparbietà. Resiste con gentilezza, senza alzare la voce. «Ha condotto alla disperazione Karlheinz Blessing», l’allora capo del personale, ha ricordato la Süddeutsche Zeitung. Daniela difendeva l’antica regola interna della VW che si potessero tagliare i posti solo se il lavoro svolto fosse stato veramente non più necessario alla produzione, non per ridurre i costi. Ma è stata anche pronta a opporsi alle pretese del sindacato contrario alla mobilità dei dipendenti. Pur di salvare l’occupazione si deve essere disponibili.Grazie alla Mitbestimmung, la cogestione, il sindacato alla Volkswagen ha sempre partecipato alle scelte aziendali. Come durante la crisi degli anni Novanta: per salvare 30mila posti in pericolo, si trovò l’accordo sulla settimana super corta di quattro giorni e 28 ore, con un taglio dei salari, e con straordinari non pagati, ma le ore lavorate potevano venire recuperate in futuro con giorni di vacanza.
Nonostante la pandemia, alla VW si è ottimisti: le auto elettriche si vendono bene, anche grazie alle esportazioni, il 30% viene venduto in Cina. «Non dobbiamo lasciarci coinvolgere in piccole dispute», ha dichiarato Daniela, «la situazione richiede responsabilità, dall’auto dipendono centinaia di migliaia di posti di lavoro».