Mimmo Carrieri è Professore ordinario di Sociologia economica e del lavoro all’Università di Roma “La Sapienza” e Presidente dell’Associazione Italiana di Studi sulle Relazioni Industriali. Con Paolo Feltrin ha presentato di recente il libro “Al bivio”, edito da Donzelli, del quale abbiamo pubblicato una recensione a fine Aprile ( https://www.mitbestimmung.it/la-ricetta-contro-il-declino-tra-multitasking-e-partecipazione/).
A che punto siamo con la partecipazione dei lavoratori all’impresa in Italia ?
Certamente l’interesse verso questo tema è crescente, grazie anche alle pratiche di tipo partecipativo messe in atto in particolare dalle aziende medio-grandi. Non possiamo comunque parlare di una cultura diffusa della partecipazione in senso strategico, piuttosto di iniziative in ambito organizzativo; e, in generale, non percepisco un bisogno generalizzato di partecipazione che possa influire, magari mediante organismi formali “alla tedesca”, sulle decisioni aziendali.
E’ possibile rafforzare la cultura della partecipazione in Italia ?
La struttura del nostro mercato è peculiare in quanto caratterizzata da una amplissima maggioranza di piccole-medie imprese. Dobbiamo quindi fare uno sforzo di immaginazione, rovesciando lo schema che parte dall’attività legislativa e regola di conseguenza l’attività imprenditoriale; dobbiamo partire dal basso, favorendo e premiando le “best practices” e la loro diffusione, accumulando e condividendo esperienze che ci conducano alla definizione di una normativa “leggera” ma unificante.
Quale ruolo devono svolgere le organizzazioni sindacali e datoriali ?
La parola-chiave è condivisione, premessa necessaria ma non sufficiente per un coinvolgimento attivo dei lavoratori. Poi saranno importanti gli schemi di incentivazione di lungo periodo, affinchè il lavoratore viva la contrattazione come un momento di rafforzamento della qualità del lavoro nel medio-lungo periodo. La cultura della partecipazione si sviluppa facendo leva sugli interessi identitari dei lavoratori, che oggi stanno mutando in maniera rilevante: la gratificazione individuale passa dall’ambiente di lavoro, da un maggiore grado di autonomia garantito più dai processi che dalle regole.
Non c’è dubbio che l’accordo di gennaio 2016 sia stato un passo avanti nella riforma delle relazioni industriali; oggi ad esempio parliamo di smart working e welfare aziendale, dobbiamo essere consapevoli che sono strumenti di coinvolgimento e di avvicinamento delle parti sociali ed essere capaci di inserirli in una visione più ampia e di lungo periodo che includa tra le altre la formazione e la rappresentanza, ponendo le condizioni per un nuovo “scambio”.
Quale potrebbe essere il prossimo passo in questa direzione ?
Andare oltre l’attuale sistema premiante le pratiche di partecipazione organizzativa, riconoscendo un vantaggio addizionale alle aziende che introducono sistemi innovativi di governance fondati sul coinvolgimento attivo dei lavoratori nella gestione dell’impresa.