Sono presidente e socia fondatrice di Assonline. Laureata in lettere all’Università degli Studi di Torino, ho 65 anni e un figlio. Il mio primo lavoro, del quale ho tuttora un dolce ricordo, è stato fare l’insegnante. Ho poi partecipato come PR a un progetto quinquennale del CNR presso il Politecnico di Torino. Sono quindi entrata in Kompass Italia nel 1991, con compiti di assistente di direzione; poi in SEAT Pagine Gialle prima nel Settore Qualità e ora nel settore Channel Management. Il mese di maggio 2017 è stato il mio ultimo mese di lavoro prima della meritata pensione.
Il suo punto di vista sulle potenzialità socio-economiche della partecipazione dei lavoratori all’impresa?
Credo che il potenziale sia enorme. Ma questo è implicito: se non lo pensassi, non sarei presidente di un’associazione che, come Assonline (e qui cito quasi alla lettera il nostro statuto), promuove l’azionariato associato ed elabora proposte per la creazione di valore duraturo nel tempo a favore dell’azienda e dei suoi dipendenti.
Più importante sottolineare che questo stesso potenziale emerge dai fatti e dai numeri: la figura del dipendente-azionista, pur non essendo eccessivamente diffusa, esiste già, esiste davvero: non in un lontano iperuranio o in qualche microstato con il reddito medio del Principato di Monaco. Esiste in Italia (non da troppo tempo). Ed esiste in Europa, come realtà perfettamente acquisita e pacifica, in sistemi come quello francese o tedesco. In Europa, tra le 2.335 società quotate di maggiori dimensioni, si contano 1.200 imprese presso le quali almeno l’1% del capitale azionario è in mano ad azionisti dipendenti, quasi 500 nelle quali questa quota supera il 6% e quasi 300 imprese nelle quali i dipendenti detengono una quota “di controllo” del capitale azionario, pari cioè ad almeno un quinto delle azioni. Francia e Germania, le due economie più forti del continente, sono le capofila di questo panorama: e non credo siano modelli inimitabili.
Quali fattori ritiene ne abbiano ostacolato l’incisiva diffusione in Italia rispetto ai Paesi dell’area renano-scandinava? Quali gli impatti in termini di competitività e sussidiarietà ?
C’è, o c’era, un pregiudizio di origine remota: un pregiudizio secondo il quale la tensione tra proprietà e managament da una parte e dipendenti dall’altra sarebbe irrisolvibile e irriducibile. Noi non consideriamo immutabile questa visione delle cose: preferiamo partire dal presupposto che la partecipazione dei dipendenti alla gestione dell’impresa non sia un’ipotesi remota e non sia nemmeno un tabù. Assonline si rivolge ai dipendenti e agli agenti che non intendono limitarsi ad aderire ai piani di azionariato loro destinati, a uso e consumo “dei dipendenti”, ma che sentono prioritaria la volontà di partecipare attivamente alla realtà economica della quale fanno parte non solo esprimendo opinioni, ma anche contribuendo alle decisioni, mettendoci del loro. Chi meglio di un dipendente che, magari, ha imparato a conoscere i meccanismi aziendali in anni di anzianità, può vedere cose che a livello “più alto” i manager, l’amministratore delegato e il presidente non notano (più)?
Quali strategie di sistema considera prioritarie nel contesto italiano ?
Una formula, semplicistica ma efficace, recita: “Noi non protestiamo, preferiamo proporre” (ci tengo a ribadirlo: non siamo un sindacato, del quale non abbiamo né la funzione né la visione). Sulla base di questa nostra filosofia e dell’osservazione analitica della realtà economica, riteniamo necessaria l’introduzione di modifiche statutarie tali da rendere possibili, e non soltanto auspicabili, forme concrete di partecipazione alla governance delle aziende da parte dell’azionariato diffuso. Noi di Assonline siamo convinti che solo introducendo un (più o meno ampio) obbligo di riserva di posti per l’azionariato diffuso, e in particolare per quello dei dipendenti, si potrà arrivare alla piena attuazione dell’articolo 46 della Costituzione (“La Repubblica riconosce il diritto dei lavoratori a collaborare, nei modi e nei limiti stabiliti dalle leggi, alla gestione delle aziende”). Un articolo che prevede una specifica idea di impresa nel nostro paese. Finora, tutte le proposte di legge in questo senso (Proposta di Legge Damiano e Proposta di Legge Sacconi) si sono arenate nelle secche delle resistenze del sistema. Di respiro ancora più ampio è la Proposta di Legge Miccoli, che si rivolge all’insieme dell’azionariato diffuso, prescindendo dalla qualifica di essere dipendenti o meno della società, e prevede non solo l’elezione diretta di rappresentanti della categoria, ma anche una serie di facilitazioni nell’esercizio dei diritti gestori, attraverso l’associazionismo. La Proposta di Legge Miccoli sarà discussa in commissione, probabilmente, entro giugno. Da parte nostra, stiamo operando con altre associazioni analoghe per fare rete e fare sistema. I cambi di mentalità come quello per il quale stiamo lavorando si ottengono solo “come un coro”: non come tanti cantanti solisti.