La ricerca pubblicata dal Centro Interuniversitario “Ezio Tarantelli”, dal titolo “Contrattazioni integrative aziendali e produttività: nuove evidenze empiriche sulle imprese italiane”1, porta un deciso contributo al dibattito sul decentramento contrattuale nel sistema italiano di relazioni industriali. Basata sulla rilevazione Istat “sistema informativo sulla contrattazione aziendale” e sulla Banca Dati sviluppata attraverso integrazione di dati da indagine Istat e archivi amministrativi e fiscali, l’analisi si propone di individuare i fattori che determinano la presenza di una contrattazione decentrata e la relazione che sussiste tra questa e il livello di produttività/competitività di un’azienda.
A differenza delle precedenti ricerche condotte sul tema, che utilizzano variabili non sempre adeguate (come quella concernente la presenza di un contratto collettivo integrativo piuttosto che la sua introduzione) e/o ne omettono delle altre (come ad esempio le motivazioni che portano alla sottoscrizione di un contratto integrativo considerate sempre e solo di natura economica e non volte a favorire un più ampio sviluppo del capitale organizzativo), lo studio in commento vuole indagare, oltre al ricorso ad una contrattazione individuale, anche l’insieme delle pratiche organizzativo-manageriali disciplinate a livello decentrato.
La ricerca conferma che le determinanti della contrattazione aziendale sono rappresentate tanto da una buona performance passata, che induce la direzione d’azienda ad investire su questo strumento nella prospettiva di un ritorno economico importante, quanto dal tasso di sindacalizzazione della forza lavoro occupata, che non solo contribuisce a rendere esigibile il contratto, ma rappresenta anche una garanzia nei confronti dell’impegno
organizzativo dei lavoratori rispetto ai processi di innovazione e cambiamento che le nuove pratiche negoziate implicano. D’altro canto, le imprese a gestione familiare mostrano una minor propensione alla contrattazione decentrata e ad una sua valutazione positiva in termini di miglioramento della competitività, probabilmente anche a causa di una concezione autocratica nella gestione dell’impresa che più distingue il sistema italiano rispetto ai
principali competitor internazionali.
Nel complesso, gli accordi integrativi aziendali hanno un effetto positivo in termini di efficienza aziendale, sebbene il tratto qualificante è dato dal fatto che questo effetto viene concettualizzato non più come un mero segnale di presenza o assenza contrattuale, ma come un processo di investimento di medio-lungo periodo riguardante un insieme di aspetti inerenti le prestazioni professionali secondo una strategia win-win. In questa
concettualizzazione emerge che la produttività dell’impresa aumenta al crescere di una variabile fattoriale che incorpora sia l’insieme (inteso come numero) delle materie negoziate, sia l’intensità di ognuna di esse.
In termini di contenuti, si riscontra un massiccio ricorso ad indicatori c.d. output-oriented (i.e. presenteismo, assenteismo, inquadramento professionale), a discapito di quelli c.d. input-oriented, quali ad esempio l’apprendimento di competenze sia tecniche che trasversali, distorcendo in un certo qual modo quel fine di coinvolgimento e partecipazione attiva dei lavoratori alla strategia aziendale, che tanto si intende promuovere fin dai tempi del Protocollo Giugni del 23 luglio 1993 e che forse richiederebbe un intervento più strutturale e lungimirante dello Stato (imprenditore, erogatore e regolatore), altro rispetto alla semplice detassazione di una porzione del salario accessorio.
Si sottolinea per questo l’importanza di valorizzare ulteriormente i fattori istituzionali collettivi che legano la sfera dell’innovazione organizzativa a quella della gestione delle risorse umane. La contrattazione di produttività può raggiungere i suoi risultati in termini economici solamente a patto che non sia solo mero strumento redistributivo, ma che incida in modo programmatico e diretto sui modelli organizzativi e sulla innovazione di processo e di prodotto. Solo in questo modo potrà diventare effettivamente una risorsa preziosa per l’azienda, da utilizzare come una leva fondamentale per raggiungere il vantaggio competitivo sul mercato e contribuire di conseguenza all’aumento sostenibile dei profitti.
Lorenzo Patacchia e Silvia Scocca
Scuola di dottorato in Formazione della persona e mercato del lavoro
Università degli Studi di Bergamo
1 L. Bisio, S. Cardinaleschi, R. Leoni, Contrattazioni integrative e produttività: nuove evidenze empiriche sulle
imprese italiane, WP Series –Num.1/2018.
(www.bollettinoadapt.it, 11.06.2018)