Si deve constatare che negli ultimi decenni il peso politico del lavoro è diminuito. I diritti dei lavoratori sono stati limitati e i sindacati sono stati indeboliti. È questa la conseguenza della politica neoliberista prevalente da tanti anni. Un elemento centrale della politica neoliberista è l’attacco ai diritti dei lavoratori. La cosiddetta riforma del mercato del lavoro è un fattore principale della politica d’austerità europea, cioè flessibilità dell’organizzazione del lavoro, meno tutela dei lavoratori, priorità degli accordi aziendali sui contratti collettivi, indebolimento dei sindacati.
Un esempio perfetto è la Grecia dove la Troika ha imposto delle misure drastiche per quanto riguarda i diritti dei lavoratori e la possibilità di negoziare contratti collettivi. Il governo greco è persino stato costretto a modificare il diritto di sciopero. Quello che ha fatto il governo non è però così male come alcuni critici dicono. Sì, è vero che si è introdotto un regolamento più severo ma è sempre più facile convocare uno sciopero in Grecia che in Germania. La stessa cosa hanno fatto le istituzioni europee prima in Spagna e in Portogallo. Ma anche dove non c’era la pressione delle istituzioni europee si è applicata una riforma neoliberista del mercato di lavoro – sia in Italia col “jobs act” o in Francia con la riforma del “code du travail”. La logica è sempre la stessa: via libera agli imprenditori a sfavore dei lavoratori e dei sindacati.
Considerati questi fatti per ogni politica da parte della sinistra è necessario lottare contro queste tendenze e rafforzare i diritti dei lavoratori invece di ridurli. La centralità e la cultura del lavoro devono essere nel centro della politica di sinistra.
Credo sia importantissimo che il governo greco voglia cambiare la politica del lavoro annullando le misure imposte dalla Troika, per lo meno in parte, e rafforzando il potere dei sindacati per negoziare contratti collettivi. Anche se in Germania non ci sono state queste misure neoliberiste del mercato del lavoro come negli altri Paesi europei, si sente anche in Germania l’influenza della politica neoliberale. Il pensiero neoliberale ha influenzato anche la politica sindacale accettando molto spesso la logica imprenditoriale e praticando per un certo periodo una politica salariale moderata.
La prestazione del lavoro a livello aziendale viene in primo luogo organizzata secondo gli interessi del capitale. Un’influenza particolare per quanto riguarda il lavoro ha la legislazione Hartz che ha contributo molto alla precarizzazione del lavoro. Il lavoro precario, cioè mini jobs, lavoro interinale, lavoro a tempo parziale forzato ecc., significa salari molto bassi e condizioni di lavoro e di vita molto insicure.
Non hanno solo un influsso molto negativo per i lavoratori stessi ma stanno peggiorando anche le condizioni generali di lavoro indebolendo i sindacati. Per questo la lotta contro la precarizzazione del lavoro è di grande importanza.
L’abolizione della legislazione Hartz è, in Germania, una delle rivendicazioni più importanti da parte della sinistra politica, in particolare dalla Linke. Anche una parte della SPD è molto critica a questo riguardo. Ma le misure e i regolamenti da parte del governo per far fronte al lavoro precario non sono un granché. Nell’ultimo periodo il governo ha approvato una legge per regolamentare il lavoro interinale che però è molto debole e rimane indietro rispetto a quello che hanno raggiunto i sindacati e le rappresentanze dei lavoratori a livello aziendale in molti casi. La nuova grande coalizione vuol limitare i contratti determinati quando non c’è una causa che giustifica una tale limitazione.
Da parte del governo non ci si può aspettare molto. Le varie rivendicazioni dei sindacati e della sinistra di allargare i diritti dei lavoratori rispetto a un’efficacia maggiore dei lavoratori sulla politica imprenditoriale e sulle condizioni dei lavoratori attraverso un allargamento della “Mitbestimmung” non vengono accolti.
Ancora più importanti sono le attività dei sindacati stessi. Approfittando della situazione economica relativamente buona, i sindacati, sia nel pubblico impiego che nel settore metallurgico, hanno recentemente raggiunto dei contratti collettivi aumentando considerabilmente i salari.
Interessante è in particolare il contratto dei metalmeccanici perché contiene nuovi elementi per quanto riguarda l’organizzazione del lavoro. A partire dal 2019 i lavoratori possono ridurre la settimana lavorativa fino a 28 ore per un periodo massimo di due anni. Naturalmente è un compromesso e contiene anche alcuni vantaggi anche per gli imprenditori. Il punto centrale però è il fatto che per la prima volta si è concordata, attraverso un contratto, una flessibilità nell’interesse dei lavoratori.
I cambiamenti nei processi produttivi, tra cui in particolare la digitalizzazione e le nuove forme di lavoro come i lavori atipici, esigono nuove risposte da parte dei sindacati. In questo contesto la riduzione dell’orario del lavoro è cruciale. Non vorrei sopravvalutare questo contratto. Dall’altro lato però questo contratto potrebbe essere un punto di partenza per una nuova offensiva da parte dei sindacati per aumentare i diritti dei lavoratori che deve essere accolto dalla sinistra. Il loro compito è la creazione di una cultura e un clima politico favorevole a un rafforzamento dei diritti dei lavoratori, elemento centrale di ogni politica alternativa alla politica neoliberista.