Nei giorni scorsi davanti all’ingresso del mercato delle erbe della mia città mi sono imbattuto in un tavolino che raccoglieva le firme per il referendum contro l’invio delle armi all’Ucraina. Le operazioni procedevano con una discreta partecipazione di persone che accettavano di sottoscrivere. Il che mi ha ferito. Ho allungato il passo imprecando tra me e me, fino a quando, più in là, ho incontrato un altro tavolino illustrato da una bandiera della Cisl dove venivano raccolte le adesioni per la presentazione di una proposta di legge (Pdl) di iniziativa popolare intitolato “Per una governance d’impresa partecipata dai lavoratori”.
E ho avuto la percezione di un salto di qualità e di poter guardare con un po’ fiducia al futuro del Paese. Il Pdl assume una interpretazione dell’articolo 46 della Costituzione che supera l’idea di una partecipazione conflittuale, quale era in fondo nell’immediato dopoguerra la funzione dei consigli di gestione, organismi dei lavoratori dipendenti protesi a dimostrare la maggiore efficacia di una linea produttiva spesso differente da quella su cui erano impegnati la proprietà e il management aziendali. Tutto ciò in una logica ideale di prossima socializzazione dei mezzi di produzione e di scambio.
Nel Pdl della Cisl, l’ingresso di rappresentanti dei lavoratori in organismi societari non è un modo di proseguire il conflitto con altri mezzi, ma un’esperienza di “elevazione del lavoratore a collaboratore dell’impresa, con l’intento di dare progressività alla norma fino a una sua piena evoluzione nella partecipazione”, allo scopo di responsabilizzare i lavoratori nel buon andamento dell’azienda e allo stesso tempo di realizzare “una dimensione del capitalismo in cui il portatore di risorse finanziarie non può prevaricare l’interesse delle persone e della società’’. In sostanza, la partecipazione non è solo un momento “istituzionale” a sé, ma si iscrive in un modello di relazioni industriali che ha già – e da tempo – dei solidi punti di riferimento che affidano un senso e un ruolo all’associazione dei lavoratori alla definizione delle prospettive dell’impresa. Questo complesso disegno lo si avverte dalla lettura della relazione al progetto di legge, dove vengono indicati le tappe più importanti su cammino di una democrazia economica che sia di supporto anche alla democrazia politica. La ricostruzione prende le mosse dal Protocollo del 23 luglio 1993.
Il “cammino della speranza” è proseguito con un vero e proprio salto di qualità, quando sul versante normativo, si sono registrate diverse esperienze di coinvolgimento dei lavoratori in imprese che, tuttavia, risultavano caratterizzate da un ambito applicativo ristretto. La prima concerneva la detassazione e decontribuzione dei premi di risultato in caso di coinvolgimento paritetico dei lavoratori nell’organizzazione del lavoro, “secondo le modalità e i limiti stabiliti dall’articolo 1, comma 189 della legge 28 dicembre 2015, n. 208 e dall’articolo 4 del decreto interministeriale 25 marzo 2016”. Più nello specifico, è applicata un’imposta sostitutiva dell’Irpef e delle addizionali regionali e comunali pari al 10 per cento ai premi di produttività legati a incrementi di produttività, redditività, qualità, efficienza e innovazione. Ai sensi del comma 189 dell’articolo 1, legge n. 208 del 2015, in caso di coinvolgimento paritetico dei lavoratori dipendenti, oltre alla detassazione è prevista una forma di decontribuzione che si traduce in un esonero contributivo sui primi 800 euro di premio che riguarda tanto la parte di contribuzione a carico del datore di lavoro (riduzione di 20 punti percentuali dell’aliquota contributiva per il regime relativo all’invalidità, vecchiaia e superstiti), quanto quella a carico del lavoratore (esonero contributivo totale).
L’articolo 4 del Dm 25 marzo 2016 ha fornito una prima definizione di “coinvolgimento paritetico” che può tradursi in coinvolgimento dei lavoratori nell’organizzazione del lavoro da realizzarsi attraverso un piano che stabilisca, a titolo esemplificativo, la costituzione di gruppi di lavoro nei quali operano responsabili aziendali e lavoratori finalizzati al miglioramento o all’innovazione di aree produttive o sistemi di produzione e che prevedono strutture permanenti di consultazione e monitoraggio degli obiettivi da perseguire e delle risorse nonché la predisposizione di rapporti periodici che illustrino le attività svolte e i risultati raggiunti. Su questa definizione è intervenuta l’amministrazione finanziaria chiarendo che tali disposizioni sono finalizzate a incentivare quegli schemi organizzativi della produzione e del lavoro orientati ad accrescere la motivazione del personale e a coinvolgerlo in modo attivo nei processi di innovazione, realizzando incrementi di efficienza e produttività e di miglioramento della qualità della vita e del lavoro. Al fine di beneficiare dello sgravio è quindi necessario che i lavoratori intervengano, operino ed esprimano opinioni di pari livello, importanza e dignità rispetto a quelle espresse dai responsabili aziendali.
Il coinvolgimento paritetico dei lavoratori si realizza mediante schemi organizzativi che permettono di coinvolgere in modo diretto e attivo i lavoratori (1) nei processi di innovazione e di miglioramento delle prestazioni aziendali, con incrementi di efficienza e produttività e (2) nel miglioramento della qualità della vita e del lavoro. Si aggiunge poi la disciplina del terzo settore; l’ente che intende assumere la qualifica di impresa sociale deve prevedere delle forme di coinvolgimento che anzitutto si caratterizzino per la comunicazione almeno annuale delle informazioni sull’andamento effettivo e prevedibile dell’attività dell’impresa, sulla qualità e natura dei servizi. Più nello specifico, l’informazione dovrà essere effettuata con modalità in grado di permettere a lavoratori, rappresentanze sindacali, utenti e stakeholder di procedere a un esame approfondito di tutte le notizie fornite consentendo agli stessi di poter formulare pareri non vincolanti all’organo amministrativo. Seppur salutati con favore, gli esempi riportati dimostrano come nel nostro ordinamento non sia presente una disciplina unitaria sul coinvolgimento dei lavoratori. Pur in carenza di supporti legislativi, le parti sociali hanno trovato intese e sperimentato accordi che costituiscono esperienze positive e utili per guidare l’avvio di un processo più generale come questa proposta di legge auspica di realizzare. È certamente da ricordare in materia di partecipazione organizzativa l’accordo tra Cgil, Cisl, Uil e Confindustria su “Contenuti e indirizzi delle relazioni industriali e della contrattazione collettiva […]” (c.d. “Patto della fabbrica”) del 28 febbraio-9 marzo 2018. Ci sono poi numerose esperienze sul campo, quale quella nel gruppo Poste italiane, dove si prevedono, già nel contratto nazionale, organi paritetici su numerose funzioni dell’organizzazione del lavoro.
Le positive esperienze realizzate suggeriscono che i tempi sono maturi per piani di azionariato ai dipendenti e per un ulteriore coinvolgimento partecipativo degli stessi anche nella gestione. Interessante l’accordo raggiunto nel settore telefonico tra le parti sindacali aziendali e Inwit, finalizzato alla creazione di un comitato paritetico volto a progettare, condividere e programmare le migliori condizioni per il raggiungimento degli obiettivi aziendali di incremento di produttività, in relazione anche al riconoscimento di premi di produttività ai lavoratori. E a questo punto la relazione ricapitola un numero congruo di significative esperienze aziendali e di gruppo, realizzate tramite la contrattazione collettiva. Tutte le buone pratiche annoverate non esaustive del complesso panorama spontaneamente creatosi negli anni, sono dunque esperienze da cui l’iniziativa della Cisl trae spunti e suggerimenti, con l’ambizione di costruire un sistema di partecipazione universalmente diffuso, in tutte le forme di datorialità, ivi incluse, ove compatibili, le organizzazioni no-profit, i centri di istruzione e formazione, le fondazioni e gli enti culturali (musei, teatri, ecc.), le pubbliche amministrazioni. Dal Pdl arriva quindi non solo un messaggio di speranza per il futuro per ciò che si potrebbe fare, ma anche una rappresentazione del presente ovvero di ciò che si è fatto, che è vissuto da migliaia di lavoratori in imprese importanti, con una valutazione ben diversa da quella funerea e disfattista che si trova nella predicazioni di altre confederazioni sindacali, le cui strutture territoriali e di categoria (è questo il paradosso di un certo tipo di sindacalismo) sono pur sempre state protagoniste di queste esperienze positive insieme a quelle della Cisl.