Franco Monaco – Il laburismo cristiano di Pierre Carniti

(SCAVUZZO / AGF)

Da tempo avevo perso i contatti con lui. Ma, ai miei occhi, egli ha sempre rappresentato una eminente figura di riferimento per il sindacato, per la politica, per il cattolicesimo sociale.

Uomo dalla tempra forte e dalle convinzioni granitiche, dai modi sobri e persino rudi, tipicamente lombardi, carismatico leader dei metalmeccanici, la Fim, e poi della Cisl tutta. Un innovatore, forse il sindacalista che più si è spinto avanti nell’attiva difesa del valore dell’autonomia e nella tensione all’unità del sindacato.

Una unità che, non per paradosso, passava attraverso un rapporto, insieme, positivo e dialettico con le altre organizzazioni sindacali. Quelle, segnatamente la Cgil, che, per storia e per cultura, facevano più resistenza all’idea che l’unità presupponesse una limpida autonomia da governi e forze politiche anche di sinistra. Un contrasto culminato nel 1984 nel referendum sulla scala mobile.

I suoi detrattori lo accusarono a volte di pansindacalismo, a volte di neocorporativismo. In realtà egli era perfettamente consapevole della circostanza che il sindacato rappresentasse una parte, i lavoratori, e che la politica, per statuto, l’interesse generale.

E tuttavia Carniti coltivava l’idea di una ben intesa politicità del sindacato sotto più profili: la convinzione che il conflitto, immanente all’azione sindacale, dovesse tuttavia inscriversi dentro l’orizzonte della cura per bene comune; il tema, caro ai padri fondatori della CISL, Giulio Pastore e Mario Romani, e da lui reinterpretato creativamente, della democrazia economica e della partecipazione dei lavoratori.

Infine e soprattutto Carniti fu un fervente cultore del confronto e della mediazione tra il potere pubblico e le parti sociali. Quella concertazione che i suoi detrattori bollavano come confusione di ruoli e di responsabilità, cogestione o consociativismo. Una scommessa sul dialogo sociale che è l’opposto del mito oggi in auge della disintermediazione. Ferma restando la distinzione e la reciproca autonomia, a suo avviso, la decisione politica, specie quando mirata a riforme di sistema, poteva e doveva trarre vantaggio dal metodo del confronto con le formazioni sociali.

(ANSA/OLDPIX)
Il segretario della UIL Pierre Carniti (S) accanto al segretario della CGIL Luciano Lama, sul palco, durante la manifestazione dei sindacati contro il terrorismo, all’ universita’ La Sapienza, il giorno dopo l’omicidio del professore Vittorio Bachelet all’interno dell’universita’, Roma, 13 febbraio 1980. 

 

Alla guida della Cisl, Carniti si circondò di collaboratori e intellettuali di prima qualità, i migliori giuslavoristi ed economisti del lavoro, con il contributo dei quali egli concorse ad arricchire e rinnovare la cultura del sindacato, dei suoi quadri e dei suoi dirigenti.

Cariniti fu uomo di sinistra. Di una sinistra democratica e riformista. Sempre impegnato a discutere e cooperare con le altre organizzazioni sindacali, ma mai timido verso le pretese egemoniche della sinistra sindacale e politica di estrazione comunista. Prima con la sua azione sindacale, da ultimo quale fondatore del movimento dei Cristiano-sociali insieme a Ermanno Gorrieri, testimoniò come si potesse coniugare ispirazione cristiana e militanza a sinistra.

Una sinistra non politicamente subalterna ai moduli liberali (come una parte, allegramente revisionista, di quella di estrazione Pci, quasi dovesse espiare l’ “estremismo giovanile”), indisponibile allo scambio tra diritti sociali e diritti civili, con il sacrificio dei primi per conseguire i secondi.

Una sinistra che non abbocca alla retorica nuovista e che si ancora fermamente al principio (e all’obiettivo) della uguaglianza sostanziale possibile. Per lui, laburista cristiano, era inconcepibile che partiti che si dichiarano di sinistra teorizzassero e praticassero la disintermediazione, l’ostentato ripudio del dialogo con le forze sociali.

(MIMMO CHIANURA / AGF)
1983 Roma, manifestazione a piazza del Popolo. Nella foto il segretario generale della UIL, Giorgio Benvenuto, e Pierre Carniti segretario generale della CISL

 

Si spiega così la sua distanza critica dal corso politico recente nel quale un partito sedicente di sinistra come il Pd indulgeva alla disintermediazione quanto al metodo e alla subalternità al mainstream liberale quanto a bussola ideologica.

Un cristiano fieramente laico, infine, Carniti. Che non ha mai ostentato il suo credo religioso, ma che lo ha inverato nei suoi comportamenti, informati a coerenza e sobrietà (sosteneva che lo stipendio di un sindacalista dovesse essere equiparato a quello di un operaio specializzato): nella sua azione sindacale e politica; nel valore assegnato al lavoro e alla solidarietà; nel senso della terzietà delle pubbliche istituzioni.

Si pensi al suo rifiuto, opposto con fermezza ma senza clamore, alla nomina a presidente della Rai. Un uomo come lui, irriducibile cultore dell’autonomia della società e delle istituzioni, non poteva concedersi a una Rai allora (e tuttora) occupata dai partiti.

Dunque, Carniti è espressione esemplare di una cultura – quella cristiano-sociale – oggi poco rappresentata ma decisiva per chi volesse applicarsi all’opera rifondativa di una sinistra laica e cristiana a sua volta essenziale alla democrazia italiana mai come ora in sofferenza.

(www.huffingtonpost.it, 11.06.2018)

 

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