Da lungo tempo, ancora prima di iniziare a studiare e cercare di comprendere meglio i contesti economici, i comportamenti sociali, il ruolo delle organizzazioni politiche, il funzionamento delle democrazie avanzate, mi chiedevo come mai, in Italia in particolare, ma anche nel resto del mondo, non si sia sviluppata quella che possiamo definire la democrazia economica o più in generale la democrazia sociale, da affiancare alla bene o male affermata democrazia politica.
Il flusso del potere si può avere in due direzioni, scriveva Norberto Bobbio, o discende dal alto in basso o sale dal basso all’alto.
La democrazia politica degli stati moderni, anche se delegata, è ascendente, cioè parte dal popolo, dai cittadini, sia in modo attivo con le organizzazioni politiche, sia in modo “passivo” con l’espressione di voto. Questo processo, ancorché imperfetto, garantisce comunque una linea di potere che dal basso sale fino a determinare i poteri di governo dello Stato e di tutte le Amministrazioni pubbliche. Ovviamente sul perfezionamento del modello di democrazia politica ci sarebbe molto da dire e molto rimane da fare.
Ritengo però che con l’estensione della democrazie nei gangli dell’economia e della società, non soltanto si amplierebbe il potere ascendente, cioè dei cittadini, ma si rafforzerebbe e si rivaluterebbe anche la democrazia politica.
Quando si parla di democrazia economica si fa riferimento in massima parte all’esperienza della Mitbestimmung, co-decisione sviluppatosi in particolare in Germania, o delle esperienze del “Azionariato operaio” o dei fondi comuni, fondi pensione gestiti da sindacati, principalmente negli Stati Uniti. Mi sembra troppo, poco, e comunque limitata al solo ambito della produzione, nel rapporto tra proprietà e lavoratori dipendenti.
Enrico Grazzini, uno dei pochi che recentemente si sono misurati con la democrazia economica, individua almeno quattro settori sui quali poter esercitare la democrazia economica: la co-decisione o partecipazione di delegati dei lavoratori nei consigli di sorveglianza delle grandi aziende; la gestione dei beni comuni; la partecipazione degli utenti attraverso loro rappresentanti nelle aziende di servizio pubblico; il bilancio partecipato delle città e dei paesi. Sicuramente c’è molto in queste quattro proposte di lavoro, ma ne manca una, ormai diventata la più decisiva, e cioè quella relativa al ruolo democratico dei cittadini consumatori sul mercato.
Sui vari punti di quella che possiamo definire la rivoluzione della democrazia sociale, lancio un appello agli studiosi, a tutti i responsabili dei settori politici, economici e sociali, e alle persone della società civile, perché si sviluppino ricerche, dibattiti, si promuovano sperimentazioni e si concretizzi una legislazione di promozione e sostegno. In questo blog continuerò a sostenere la democrazia economica e sociale, auspicando di poter interloquire con tutte le persone interessate e allargare la sensibilità sull’argomento.
Nel prossimo articolo intendo sviluppare un ragionamento attorno alla democrazia del mercato, improntata sul ruolo del consumatore.
(democraziaeconomica.wordpress.c0m, 02.08.2017)