“Aggiornare il sistema contrattuale non riguarda solo Confindustria, ma anche altre associazioni datoriali. E non è un’operazione al ribasso dei parametri salariali, come intende fare Squinzi, perché non è di questo che il Paese ha bisogno, se vuole rilanciare lo sviluppo. Per noi, riformare i contratti vuol dire ammodernare il sistema delle relazioni industriali, al cui interno confronto, partecipazione e contrattazione siano considerate delle risorse”. Così Franco Martini, segretario confederale Cgil, stamattina ai microfoni di Italia Parla, la rubrica quotidiana di RadioArticolo1.
“L’intesa dei chimici – ha spiegato il dirigente sindacale – conferma che la posizione da noi assunta non era né lunare nè velleitaria. Non siamo fuori dalla realtà e nemmeno una banda di pirati all’assalto, quando diciamo che i contratti si fanno con il buon senso. In quell’accordo, è stato trovato il giusto equilibrio, che risponde a due obiettivi: salvaguardare il ruolo contrattuale come strumento di tutela del potere d’acquisto dei salari, nello stesso tempo consentendo alle imprese di gestire con un minimo di flessibilità i processi di crisi”.
“Il salario minimo legale proposto da Renzi – ha continuato l’esponente Cgil – è un attacco alla funzione del contratto nazionale. Peraltro, un salario minimo in Italia già esiste, ed è quello determinato dai minimi contrattuali. Se davvero vuole tutelare i salari minimi, e non è – come noi riteniamo -, interessato solo ad abbassare il livello dei salari, il presidente del Consiglio intervenga per applicare e rispettare i ccnl, e rinnovi quelli del pubblico impiego, fermi da sei anni, dove non può cavarsela con i 200 milioni inseriti nella Legge di stabilità 2016. Se questa è la prospettiva, noi reagiremo per difendere la funzione del contratto nazionale”.
“La moltiplicazione dei contratti – da 400 ad oltre 700 -, avvenuta negli anni della crisi, è l’espressione più evidente della crisi della rappresentanza datoriale – ha detto il sindacalista –. Per molto tempo, abbiamo parlato della necessità che i sindacati si misurino e si contino per sapere chi tutelano, ma il problema è analogo, se non più accentuato, per la parte datoriale. Un contratto nuovo nasce sempre da una scissione avvenuta all’interno delle organizzazioni d’impresa, da una nuova associazione, inseguendo logiche corporative e interessi di parte, con la pretesa, quindi, di un nuovo ccnl, o magari di nuovi enti bilaterali o fondi contrattuali di welfare complementare. Come mai Confindustria non vuole aprire questo fronte? È evidente che si tratta di un tema assai delicato per loro, ma se bisogna avere il coraggio di cambiare – per usare le parole del loro presidente -, lo si deve fare anche in casa propria. Razionalizzare i contratti, dunque, significa decidere anche le organizzazioni datoriali chi rappresentino”.
“Sulla partecipazione dei lavoratori alle imprese dobbiamo inventarci un’esperienza originale e inedita – ha aggiunto ancora Martini –, perché il modello europeo, quello tedesco in particolare, non è esportabile nel nostro Paese per via del nanismo imprenditoriale, caratteristica peculiare del sistema produttivo italiano. Invece, partiamo dalle esperienze di partenariato su cui si è investito in questi anni: penso alla bilateralità, al welfare contrattuale, evitando d’inseguire modelli che non appartengono alla nostra tradizione. Consideriamo tale capitolo nel quadro di un moderno sistema di relazioni, uscendo dalla cultura meramente manifatturiera, la stessa che porta a dire che è necessario investire sul secondo livello di contrattazione, quando si sa che l’80% delle imprese italiane non possono esercitarlo”.
“Per quanto riguarda i prossimi appuntamenti in materia di contrattazione – ha concluso il segretario confederale –, il 23 e 24 ottobre, a Cervia, si terrà l’assemblea nazionale dei delegati Fiom per il varo della piattaforma dei metalmeccanici, mentre per il 7 novembre è annunciato lo sciopero per il rinnovo della grande distribuzione, dopo l’avvenuta rottura delle trattative. Sono situazioni molto complesse e difficili, ma il ccnl dei chimici conferma che è sempre possibile trovare una soluzione, a patto che il confronto sia civile e non ci sia resistenza preconcetta o tracotanza, com’è avvenuto in alcuni tavoli negoziali. Ci sono settori in cui il contratto è stato rinnovato, pur in un momento di grave crisi dei consumi – penso a Confcommercio -, e non si capisce perché, sempre nel terziario distributivo, non si possa fare altrettanto in altri comparti con altre associazioni datoriali. Noi continuiamo a esercitare il confronto sulla base delle nostre proposte e della consapevolezza delle difficoltà esistenti, ma di fronte a ‘muri di gomma’ è chiaro che il sindacato deve intervenire con iniziative di mobilitazione assieme a lavoratori e società civile, per difendere le ragioni del mondo del lavoro che vede nel contratto uno strumento di rappresentanza e tutela”.
(www.rassegna.it, 19.10.2015)