E per il presidente degli industriali di Padova, Massimo Finco “la rivoluzione industriale parte proprio dalla necessità di stringere, con gli attori istituzionali e sociali, un patto per la produttività del Paese e del Veneto spina dorsale manifatturiera del Paese. Al Governo, al maggiore sindacato italiano, la Cgil di Susanna Camusso, Finco e i colleghi delle altre due associazioni territoriali chiederanno gli strumenti e un impegno ad “allargare la contrattazione aziendale.
Il Veneto ha tutte le caratteristiche per sperimento questo modello contrattuale”, ha rilanciato il numero uno degli industriali padovani: “E le relazioni industriali sono quindi un punto cruciale”. “Dobbiamo recuperare competitività – ribadisce Finco – perché i tedeschi ci trattano da buoni terzisti, ma noi non vogliamo essere i terzisti di nessuno”.
L’idea di rimettere sul tavolo delle trattative la contrattazione di secondo livello è un punto fermo per le tre territoriali venete, hanno tenuto a sottolineare oggi i tre presidenti, senza arrivare a un modello partecipativo alla tedesca dei lavoratori alla governance aziendale. Il tema della contrattazione aziendale e territoriale è un nodo importante che potrebbe espandersi ad altre regioni italiane e non rimanere limitato al Veneto che, certamente, ha un primato produttivo.
Lo assicura la presidente di Unindustria Treviso, Piovesana: “Si parte con una visione che a volte in Italia è mancata per arrivare a un paese che sia moderno e dove ci sia la possibilità per i lavoratori di una maggiore partecipazione a quella che è la vita aziendale, cosa che per altro nel passato quando le nostre imprese sono nate era la normalità. E’ un percorso fatto che oggi riprendiamo – ha spiegato ancora la presidente degli industriali trevigiani – a cui diamo delle regole chiare. Il lavoratore deve avere un salario che deve essere riconosciuto, noi chiediamo però che quel 95% che oggi è in capo alla contrattazione nazionale diventi invece un variabile, perciò ci sia la decontribuzione e defiscalizzazione in modo che il nostro collaboratore sia direttamente corresponsabile”.
Vescovi e i suoi due colleghi delle territoriali padovana e vicentina chiedono, in sintesi, “la possibilità di decidere a livello territoriale e aziendale come distribuire la ricchezza prodotta, ma prima bisogna produrre la ricchezza e poi si può distribuirla. Faremo una pressione forte sugli attori presenti sabato all’assise di Marghera. Inoltre – spiega ancora Vescovi – le nostre organizzazioni si stanno già attrezzando proprio per poter essere a fianco delle aziende perchè non dimentichiamo che in Italia tre quarti delle aziende non hanno una rappresentanza sindacale organizzata al proprio interno”.
E anche al Governo la richiesta è unanime: “salvare il manifatturiero italiano e ridurre il costo del lavoro”.”Il manifatturiero e in particolare il manifatturiero veneto è un grande valore per questo paese, 100 miliardi di avanzo commerciale all’anno determinato dal manifatturiero italiano sono il vero valore che è a tutti gli effetti un traino per il resto dell’Italia, un valore condiviso che deve essere riconosciuto e difeso da tutti”.
Sul costo del lavoro poi il presidente di Confindustria Vicenza avverte poi che: “In Germania è calato il costo del lavoro per unità prodotta, in Gran Bretagna è calato del 5%, in Italia le nostre aziende hanno un gap clamoroso da colmare e questo significa avere meno competitività ed essere veramente a rischio”.
All’assise di sabato prossimo le territoriali venete contano di portare almeno 2 mila associati, “per un evento importante dal punto di vista simbolico – assicurano – ma ancora più importante per i contenuti”.
(www.masterlex.it, 17.11.2016)