La sinistra italiana ahimè, eccettuato il Psi e l’Avanti!, ancora non discute abbastanza sulla cogestione delle imprese, è ferma ad una visione lottaclassista e vetero-comunista del mondo imprenditoriale, dell’economia. Insomma la sinistra italiana ha ancora quella visione di contrapposizione tra i lavoratori e le imprese che ingessa il nostro paese, lo cristalizza e lo rende poco competitivo. Invece è d’idee che circolano reticolarmente che abbiamo bisogno, d’idee libere, non più ideologie(astratte-astruse-arabeschi), non più il parlare ex cathedra, la così detta infallibilità del Romano Pontefice, elevata a indiscutibile dogma, come facevano i marxisti ortodossi un tempo vintage, ahimè ancora presenti.
Il movimento socialista contemporaneo divenga alfiere d’idealità cogestionarie, facendosi latore di una progettualità pragmatica, che centralizzi il lavoratore quale momento centrale di (co)gestione-governance dell’impresa, che finalmente diviene, in tal modo, da portatrice concreta di capitale (che si astrae), facendosi liquido nei flussi finanziari, alla stregua d’un organismo, che idealisticamente si fa Ente, astratto, finto, un’Imago (fluttuante finzione borsistica), alimentantesi in un circuito circolarmente infinito, co-gestita la impresa si libera librandosi verso le vette della democrazia sociale, della democrazia reale e partecipata, anche con una parziale ripartizione degli utili tra i lavoratori.
Tant’è che ahimè l’impersonale capitale circolarmente nei suoi flussi continua a prosperare vorticosamente, asfissiando il libero sviluppo delle individualità, assoggettate avvinte e sussunte nella sua macchinazione irrazionale, oggi vincente. Da socialisti dobbiamo dirlo,apertis verbis, che è sommamente ingiusto il capitale, che nel 2015, continua ancora, nonostante la evoluzione scientifica delle tecniche di produzione, a mantenere il regime delle 40 ore settimanali (che sovente si allungano a dismisura tramite il prosieguo del lavoro pure per via telematica e telefonica), come era aduso cent’anni addietro, ed ecco il plusvalore accresciuto-decuplicato profitto nella rapacità del capitale.
Per l’effetto, tornando a discorrere nelle strutture linguistiche significanti d’idee, lacanianamente, di impresa, torniamo di nuovo a parlare di co-gestione operaia della produzione (Germania-Svezia-Olanda), quale visuale altra, diversa, e realmente d’emancipazione per la classe del lavoro, verso un processo gradualistico di democratizzazione-umanizzazione dell’economia, finalmente sottoposta all’umanità.
Che fare?
Cogestione quale partecipazione attiva delle individualità lavoranti nelle dinamiche decisionali delle aziende e ripartizione degli utili tra i lavoratori, per ridurre il momento di plusvalore, pregnante nel capitale, proprio ed intrinseco del capitale e conseguentemente ed etiologicamente a restituire ai lavoratori, almeno in parte, ciò che loro appartiene, ovvero il frutto del proprio lavoro e del proprio sudore.
Questo deve essere il riformismo socialista dell’oggi, queste le idee che si devono far rigogliosamente circolare nella rete, idee che devono essere valutate, ponderate, arricchite e fatte proprie dal mondo del lavoro, nei sindacati a carattere riformista, UIL e CGIL, per una tensione, non già a vecchie forme di luddismo, scioperi generali et similia, bensì ad un superamento del vecchio concetto di subordinazione nel lavoro, per porre, ontologicamente una orizzontalizzazione democratica nei rapporti lavorativi, oggi ancora, anacronisticamente avvinti da vincoli di stringenti ed obsolete gerarchie verticali, senz’altro alienanti, deprimenti.
Per tramite della valorizzazione delle idee di co-gestione e di controllo operaio, s’avvia il discorso del dis-assoggetamento, dal momento alienante, espropriativo completamente tipizzato-sottoposto nella subordinazione gerarchica nei-dei rapporti lavorativi, dischiudendosi tra l’altro, una diversa visione della società, sicuramente più democratica, più solidale e più aperta.
(A. A. Caperna, www.avantionline.it, 05.08.2015)