Anche in Francia.

14 milioni di azionisti dipendenti nel modello ESOP solo negli Stati Uniti. Milioni di dipendenti azionisti di piccole e medie imprese, quasi nulla qui. Prosperità per loro, noccioline qui.
Ma cosa c’è di veramente americano nel modello ESOP?
Un Management Buy Out (MBO) è americano? Certo che no, è la finanza, è universale. Anche in Francia.

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Nasce l’Istituto Stato e Partecipazione.

Nell’epoca della globalizzazione, dell’individualismo sfrenato, del progressismo globalista che va a braccetto con la finanza, c’è ancora spazio per concetti come Patria e lavoro? L’Istituto «Stato e Partecipazione» nasce nella profonda convinzione che sì, anche in un’epoca «moderna» come la nostra, le migliori armi dell’uomo siano riposte nell’identità, nella responsabilità contro l’ipertrofia dei diritti, nell’amore per la propria comunità e per la Nazione intesa come entità che abbraccia sia le generazioni passate che quelle future.

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Bentivogli: “Base Italia sarà una rete per tornare a far vincere il riformismo”.

Marco Bentivogli adesso è un battitore libero, dimessosi da segretario generale della Federazione italiana metalmeccanici Cisl, ha fondato ora l’associazione “Base Italia”: un laboratorio politico pensato per la «promozione e la realizzazione di iniziative di studio e di ricerca in materie economiche, giuridiche, sociali e ambientali a livello nazionale, in materia di lavoro, assistenza, sicurezza, salute, istruzione e formazione, ambiente, finanza ed economia, al fine di sviluppare e promuovere le varie potenzialità del Paese», si legge nel sito.

Patto per l’Italia. Paolo Capone, Leader UGL: “Necessario piano di sviluppo industriale per tutelare imprese e lavoratori”.

“La proposta di un Patto per l’Italia lanciata da Confindustria per far fronte alla crisi produttiva e occupazionale in corso va nella direzione giusta. Sarebbe opportuno superare la logica dei veti incrociati nella costruzione di un grande piano di rilancio nell’esclusivo interesse dell’Italia.

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Il neosocialismo di Thomas Piketty scopre l’idea “partecipativa”.

Il nuovo saggio dell’economista francese, “Capitale e ideologia” recensito da Mario Bozzi Sentieri

L’ultimo libro di Thomas Piketty tradotto in italiano (“Capitale e ideologia”, La Nave di Teseo)  è un tomo poderoso: 1200 pagine, più di un kilogrammo di carta sottile. L’economista francese  non è nuovo a queste “prove di forza”.  “Il Capitale nel XXI secolo”,uscito nel 2013  aveva una lunghezza di oltre 900 pagine, a conferma  della volontà visionaria di Piketty, impegnato a misurarsi sui grandi scenari della storia e dei cambiamenti ideologici. Genericamente etichettabile come un neo-socialista, oggi l’autore di “Capitale e ideologia” sposta la visuale dai tradizionali riferimenti di classe a quelli di una più ampia “lotta ideologica” ,  muovendosi dalle antiche società schiavistiche fino ad approdare alla modernità ipercapitalista. Alla base  la  convinzione che  la diseguaglianza non è provocata dall’economia ma dalla politica e dall’ideologia e proprio per questo è possibile intraprendere un’ altra strada. 

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5 mila economisti di tutto il mondo: è ora di democratizzare il lavoro, largo ai modelli di cogestione dei lavoratori nelle aziende.

Il loro momento di gloria è durato un paio di mesi, il tempo in cui il resto d’Italia si chiudeva in casa terrorizzato dal coronavirus, lasciandosi invece contagiare da un improvviso, patriottico entusiasmo per infermieri, medici e farmacisti. Lavoratori essenziali la cui essenzialità si è però rapidamente appannata a emergenza superata, tanto da costringere proprio gli infermieri a scendere in piazza per chiedere salari e condizioni lavorative migliori.

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