Accordo Confindustria-sindacati sui premi di risultato anche nelle PMI.

L’obiettivo è sviluppare la cultura del premio di risultato, collegato a incrementi di produttività. E da oggi ciò sarà più facile anche nelle realtà aziendali, soprattutto Pmi, prive di rappresentanze sindacali. È questo il “cuore” dell’accordo siglato da Confindustria e Cgil, Cisl e Uil che consente a tutte le imprese, specie quelle di minori dimensioni, di introdurre retribuzioni collegate ai risultati aziendali, usufruendo dei benefici fiscali e contributivi re-introdotti dalla legge di Stabilità 2016.

Tra questi l’applicazione di una imposta sostitutiva secca del 10% sulle erogazioni fino a 2mila euro, elevabili a 2.500 in caso di coinvolgimento paritetico dei lavoratori, per tutti i dipendenti fino a 50mila euro di reddito.

Si valorizza il ruolo delle associazioni territoriali di Confindustria che avranno il compito di “stimolare” le aziende di minori dimensioni verso l’introduzione di forme di salario variabile, collegato, come prevede la legge, a incrementi di produttività, redditività, qualità, efficienza e innovazione.

È un’intesa «molto interessante, che tutela le piccole imprese in una logica che va verso il recupero di produttività in termini organizzativi e aziendali», ha commentato il presidente degli industriali, Vincenzo Boccia. Non c’è dubbio che si tratta di «un passo, vediamo se il primo», ha proseguito il leader di Confindustria: «Noi sicuramente spingiamo per costruire accordi nell’interesse di tutti». Del resto, con i sindacati «abbiamo tavoli aperti», è il pensiero di Boccia, e dove si riscontrerà «condivisione e competenza si chiuderanno intese, altrimenti non si riuscirà a farlo. L’importante però è partire dai punti in comune. Poi certo ci saranno aspetti dove litigheremo lealmente, ma se facciamo l’inverso non arriveremo mai nemmeno ai punti di accordo».

Tornando ai contenuti dell’intesa per agevolare l’erogazione dei premi di risultato anche nelle Pmi, il primo passo è la sottoscrizione di un accordo territoriale: è già pronto un “modello base” definito dalle parti sociali, attuando il quale le imprese interessate potranno adottare, anche in via alternativa, uno o più indicatori, previsti dal decreto ministero del Lavoro-Mef dello scorso fine marzo, in base ai quali misurare gli incrementi di produttività, redditività, qualità, efficienza e innovazione (condizione essenziale per ottenere il beneficio fiscale).

Le aziende, già associate a Confindustria o che conferiranno espresso mandato, che si avvarranno dell’accordo territoriale, lo applicheranno inviando, anche con modalità informatiche, una comunicazione scritta ai lavoratori dichiarando l’istituzione del premio di risultato. Nella comunicazione bisognerà precisare, tra l’altro, la composizione del premio e gli indicatori adottati, oltre alle sue modalità di corresponsione, ivi compresa l’eventualità che il premio possa essere erogato, in tutto o in parte a scelta del lavoratore, tramite prestazioni di welfare aziendale (sempre ai sensi delle norme contenute nella legge di Stabilità 2016).

Il tutto sarà monitorato da un comitato, composto da rappresentanti imprenditoriali e sindacali (non ci sarà nessun “esame” dell’accordo vista la responsabilità finale diretta in capo alle aziende per le richieste e l’applicazione dei benefici fiscali previsti dalla legge vigente sui premi di risultato).

L’accordo, dunque, spiegano congiuntamente Confindustria, Cgil, Cisl e Uil, «non introduce forme retributive territoriali», ma semplicemente affida alle parti sociali del territorio «un ruolo propulsivo, per favorire, in particolar modo le Pmi, a introdurre forme di salario variabile legate ai risultati aziendali.

In questo senso, quindi, l’intesa «conferma il modello della contrattazione basato su due livelli», e rafforza «l’opportunità della progressiva valorizzazione della contrattazione di secondo livello», anche sotto il profilo dello sviluppo della cultura del coinvolgimento paritetico dei lavoratori nell’organizzazione del lavoro (considerando anche come, in quest’ultimo caso, la legge espressamente consente di elevare, da 2mila a 2.500 euro, l’importo del premio “detassabile”, quando appunto nell’impresa si attuano forme paritetiche di coinvolgimento dei dipendenti).

(C. Tucci, www.ilsole24ore.com, 15.07.2016)

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