Oltre ogni retorica: dare concretezza alla proposta partecipativa.

Mario Bozzi Sentieri aveva pubblicato, su Barbadillo, un interessante articolo sulla partecipazione dei lavoratori alla gestione delle imprese. Electomagazine era intervenuto nel dibattito ed ora ospitiamo con piacere la risposta di Bozzi Sentieri.

Ringrazio Augusto Grandi per l’attenzione, critica e polemica, sul tema della “partecipazione dei lavoratori alla gestione delle aziende”. Il tema va “ritrovato” – come invita a fare Grandi – in tutta la sua complessità. Uscendo soprattutto fuori dalle affermazioni “di bandiera”, tanto retoriche quanto insignificanti, non compensate da una raccolta di firme (certamente apprezzabile) qual è quella della Cisl, finalizzata ad attuare l’art. 46 della Costituzione, intestato proprio alla partecipazione dei lavoratori alla gestione delle imprese, rimasto inapplicato per mancanza di norme d’applicazione.

Di una nuova “presa di coscienza” (da parte sindacale, del mondo della cultura, delle forze politiche e dei mass media) c’è bisogno per arrivare finalmente a realizzare l’auspicata integrazione sociale su base “partecipativa”.

L’invito di Grandi, concreto e diretto, è finalizzato al confronto e alla condivisione in grado di dare slancio all’annosa questione. Da qui, anche da qui, bisogna partire, per dare gambe e vigore sociale alle proposte in campo.Gli argomenti non mancano (e vanno opportunamente declinati) passando attraverso – ci sia concessa la sintesi – le esperienze normative realizzate in diversi Paesi europei; l’esigenza di allargare il ruolo della rappresentanza dei lavoratori, con la piena, coerente assunzione di consapevolezza e di responsabilità delle categorie produttive; la visione della conflittualità, mezzo non fine, all’interno di un compiuto progetto di trasformazione della stessa figura del lavoratore; la necessità di dare voce ai territori, dove le aziende operano e sono radicate; il costruire contrattualmente forme reali di partecipazione; l’individuazione di una via alla partecipazione anche per le piccole imprese, spesso scarsamente sindacalizzate, laddove nelle micro imprese si realizza una solidarietà partecipativa già nei fatti; il declinare crisi salariali e partecipazione agli utili nelle aziende.

E poi c’è il discorso sulla possibilità reale – ben sottolineata da Grandi – di dare “ruolo decisionale” ai rappresentanti dei lavoratori all’interno del sistema partecipativo: questione normativa certamente ma soprattutto di preparazione dei “delegati”, finalmente investiti di nuovi ruoli di rappresentanza, venuta meno la prospettiva “di classe”.

A livello internazionale gli esempi non mancano.

In Germania la Mitbestimmung (co-decisione) è applicata peraltro dagli Anni Cinquanta del ‘900 in tutte le imprese con più di duemila dipendenti, ove i consigli di amministrazione (o di vigilanza) comprendono le rappresentanze paritetiche degli azionisti e dei dipendenti.

In Francia, nelle aziende con più di cinquanta dipendenti, sono stati istituiti i comitati d’impresa, che contrattano l’organizzazione del lavoro e negoziano le retribuzioni aziendali (il cosiddetto “secondo livello”). Giappone, Canada e Messico incoraggiano la “redistribuzione dei profitti”.

Importante – a questo punto – appare costruire intorno alla proposta partecipativa una strategia inclusiva, capace di aggregare ambienti diversi (politici, sindacali, imprenditoriali, culturali) superando vecchie divisioni ed antistoriche incomprensioni, nella consapevolezza di giocare una battaglia fondamentale in una fase socio-economica “di passaggio”, qual è quella attuale.

Rispetto a questo contesto non è rilevante sapere se le vie d’uscita sono “di destra” o “di sinistra”, quanto se risulteranno essere efficaci e all’altezza dei problemi da risolvere.

L’opzione “partecipativa” in questo ambito può giocare un ruolo fondamentale, partendo certamente da una ricca tradizione culturale e sociale, coniugata però all’interno dei mutati “contesti” socio produttivi. Con la consapevolezza che il futuro è aperto e tutto da giocare, senza antistorici preconcetti. Ma – come ci invita a fare Grandi – ben incardinato nella realtà.

(Electomagazine)

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