“Il compito del sindacato è restituire un’anima alle imprese” perché un’organizzazione del lavoro che non consenta la “piena fioritura” della persona umana sarà sempre un’organizzazione del lavoro poco produttiva. Questa la premessa del ragionamento che l’economista Stefano Zamagni, presidente della Pontificia Accademia delle Scienze Sociali, ha svolto davanti alla platea di First Cisl nel corso della tavola rotonda “Futuro della finanza tra sostenibilità e digitalizzazione”.
Zamagni ha poi ricordato che la partecipazione dei lavoratori all’impresa può rappresentare la chiave di volta per tenere in equilibrio il lavoro giusto (equamente pagato) con il lavoro decente (quello che garantisce libertà di sviluppo sociale, relazionale e spirituale al lavoratore). “Il rapporto tra lavoratori e impresa potrà anche essere conflittuale, ma non dovrà mai essere antagonista”, ha aggiunto.
Sul tema della digitalizzazione e dell’intelligenza artificiale, Zamagni ha auspicato che gli aumenti di produttività siano utilizzati per “elevare e integrare le competenze dei lavoratori, anziché sostituirli”.
Il tema dell’innovazione tecnologica e dei suoi effetti sul lavoro non è certo nuovo. La Chiesa lo ha messo da tempo al centro della sua riflessione, come dimostra un passo, citato testualmente da Zamagni, della costituzione pastorale Gaudium et Spes , uno dei documenti principali del Concilio Vaticano II: “Nelle economie attualmente in fase di ulteriore trasformazione, come nelle nuove forme della società industriale nelle quali, per esempio, si va largamente applicando l’automazione, si richiedono misure: per assicurare a ciascuno un impiego sufficiente e adatto, insieme alla possibilità di una formazione tecnica e professionale adeguata”.