“La scelta di affidare lo sviluppo economico prevalentemente all`azione delle libere imprese private, confermata nel nostro Paese e in tutta l`Europa occidentale all`indomani della seconda guerra mondiale, contiene in sé, come conseguenza esplicita, la necessità di costruire un insieme di regole finalizzate a garantire che le imprese stesse contribuiscano a realizzare, attraverso la creazione di lavoro libero sicuro e dignitoso, assieme a quello materiale, anche lo sviluppo spirituale della società”.
È quanto espresso dalla Cisl nel corso dell`audizione alle Commissioni riunite Finanze e Lavoro sulle proposte di legge in materia di partecipazione dei lavoratori alla gestione dell’impresa.
“In quest’ottica il ruolo della Repubblica, intesa come cittadinanza nel suo complesso e non solo come Stato, deve essere responsabilizzato e rivalutato affinché la complessità degli interessi che gravitano intorno alle attività delle imprese trovi risposte adeguate in una logica di sostenibilità. Le emergenze ambientali; l’accresciuta consapevolezza della necessità di tutela dei consumatori dalle frodi; la perdita di potere economico del Paese connessa alla perdita di controllo di marchi storici e, talvolta, di interi comparti produttivi, acquisiti da gruppi o fondi stranieri; l’evaporazione di enormi ricchezze per effetto di operazioni speculative; la consapevolezza di dover reperire gli investimenti necessari per affrontare un’epoca a forte contenuto di innovazione; l’osservazione della crisi dei modelli di rappresentanza sociale, sono tutti fattori, non soli, di riflessione sulla necessità di trovare, dopo l’ubriacatura neoliberista e mercatista, una modalità diversa dal passato per costruire la governance economica del Paese e, quindi, la governance delle imprese, a partire dai driver del mercato che, con le loro scelte strategiche, influenzano i comportamenti di tutte le aziende dello stesso settore.”
“La possibilità di riprogettare le modalità di produzione e commercializzazione di beni e servizi in chiave di sostenibilità economica, ambientale, sociale ed etica passa, dunque, senza alcun dubbio dal coinvolgimento democratico di tutti i portatori di interesse che gravitano intorno al mondo delle imprese: lavoratori, clienti/consumatori, soci, manager. Parlare oggi di democrazia economica è quindi, più che mai, introdurre elementi di dialogo tra tutte le componenti della società, i cui soggetti si trovano ad interpretare contemporaneamente più ruoli e, quindi, ad essere spesso essi stessi, in uno, portatori di interessi contrapposti il cui conflitto non può essere risolto se non nell`ambito di un processo partecipativo di responsabilizzazione e coinvolgimento. Con una lungimirante e straordinaria premonizione la Cisl, sin dalla sua fase costitutiva, aveva postulato la necessità di coinvolgere i lavoratori nella gestione delle imprese, proprio in un`ottica di relazioni e di rappresentanza che mirassero alla conciliazione di interessi, individuali e collettivi, contrapposti tra loro solo se considerati come esclusivi e ostili all`interesse di altri.”
“Non si tratta solo di far evolvere i modelli di rappresentanza del lavoro e, con essi, la condizione stessa dei lavoratori, ma di garantire alla nostra società, in coerenza col progetto dei padri costituenti, una possibilità di sviluppo sostenibile, un modello distributivo più equo, una consapevolezza sociale più forte al servizio di un Paese più efficiente e, al tempo, più giusto. Negli anni sin qui trascorsi il tema della democrazia economica ha trovato molti antagonisti, non solo nel mondo delle imprese, naturalmente vocato a preservare modelli di governance monocratici, non solo nel mondo della politica, che, a fasi alterne, ha manifestato qualche vago ma mai concreto interesse a sviluppare un sistema legislativo a supporto di quanto sancito all’art. 46 della Costituzione, ma anche, per preconcetti ideologici, nel mondo della rappresentanza del lavoro. Ciò ha determinato che la nostra progettazione degli strumenti di democrazia economica si sia prevalentemente orientata all’ambito internazionale, sviluppando, pur con tutte le difficoltà dovute alla complessa e articolata interlocuzione con i colleghi degli altri Paesi, un lavoro solido e profondo, particolarmente nell’ambito dei CAE. Con il presente documento si vuole quindi da una parte riassumere i dati salienti del lavoro sin qui fatto e contemporaneamente tracciare, per il futuro e per tratti sommari, le direttrici di marcia su cui riteniamo che possano esistere le condizioni per procedere con un implementazione di detto lavoro.”
“Per questa ragione il documento è strutturato in tre capitoli: il primo riguarda la strategia della CISL rispetto a CAE e a dimensioni aziendali multinazionali e, oltre a definire gli obiettivi ancora da cogliere, riassume il lavoro di importante entità si qui svolto, gli altri due, invece, si soffermano sull’indirizzo che si vorrebbe dare alle politiche per il coinvolgimento dei piccoli azionisti e dei lavoratori nel governo strategico delle imprese e sull`impulso che si ritiene necessario dare alla bilateralità facendola evolvere come strumento di attivazione della diretta collaborazione dei lavoratori all’impresa. Per quanto ovvio questi secondi due capitoli conterranno solo idee di progetto, non potendo basarsi sulla ricchezza di esperienze già fatte come nel caso delle attività internazionali”.
“Ad una prima complessiva presentazione, faremo perciò seguire dei focus tematici di approfondimento, con lo scopo di avviare un confronto con le categorie e le strutture interessate, finalizzato a connettere tutta la nostra organizzazione su un obiettivo comune di costruzione di processi partecipativi possibili. Tutto ciò, nella consapevolezza che il nostro ruolo di rappresentanza contrattuale non può più prescindere dalla necessità di innestarsi, oltre che su una società democratica sul piano politico, anche su un progetto di coinvolgimento dei lavoratori e del Sindacato nell’organizzazione dell’impresa. Progetto alla cui completa realizzazione vorremmo dare il nostro contributo”.