Il premio di risultato (PdR) tra coesione aziendale e risparmio fiscale.

Nelle aziende, al fine di incrementare la produttività, la qualità e la redditività (nonché tutti gli elementi funzionali a migliorare la competitività aziendale) è prevista l’istituzione di un premio annuale calcolato alla luce dei soli risultati conseguiti dai lavoratori.

Si parla, infatti, di premio di risultato per far riferimento ad un elemento retributivo, di carattere variabile, che viene inserito accanto alle componenti fisse nelle tabelle retributive.

Tale agevolazione è prevista nei confronti di tutti i lavoratori subordinati a tempo determinato o indeterminato, che secondo quanto previsto dal contratto aziendale,hanno concretamente aumentato la produttività e la qualità della propria azienda.

Ciò si spiega alla luce dell’obiettivo che si vuole perseguire mediante l’instaurazione di tale premio che è appunto quello di consentire alle aziende la riduzione del costo del lavoro coinvolgendo direttamente i lavoratori nell’organizzazione del lavoro stesso.

Affinché il coinvolgimento paritetico dei lavoratori nell’organizzazione del lavoro possa considerarsi realizzato, è necessario che si proceda all’adozione di schemi organizzativi della produzione e del lavoro orientati ad accrescere la motivazione del personale e a coinvolgerlo in modo attivo, in modo tale che le opinioni che i dipendenti esprimono, in quello specifico contesto, siano considerate di pari livello, importanza e dignità di quelle espresse dai responsabili aziendali.

A tal fine è oggi consentita l’istituzione di gruppi di lavoro volti al miglioramento o all’innovazione di aree produttive o sistemi di produzione.

Alla luce di quanto appena evidenziato appare chiaro che, sul profilo dell’erogazione del premio non è possibile procedere ad una sua aprioristica determinazione ma è necessario verificare di volta in volta il valore degli incrementi di produttività, redditività etc. e soprattutto accertare che gli stessi siano conformi a:

– Criteri obiettivi di misurazione e di verifica di uno (o più) indicatori tra quelli individuati dal decreto interministeriale Lavoro-MEF del 25 marzo 2016: come, ad esempio il volume della produzione rispetto ai dipendenti, il fatturato per dipendente, il margine operativo lordo, la soddisfazione del cliente; percentuale rispetto dei tempi di consegna, riduzione degli infortuni, dei tempi di lavorazione, ecc.

– Parametri identificati direttamente dalle parti negoziali

In particolare gli importi, i parametri ed i meccanismi funzionali alla determinazione quantitativa dell’erogazione connessa al premio vengono definiti contrattualmente dalle parti in sede aziendale, in coerenza con gli elementi di conoscenza preventivamente definiti in un apposito incontro.

Relativamente al regime di tassazione sostitutiva dei premi di risultato, questo può trovare, però, applicazione solo quando sia accertata la sussistenza di un effettivo incremento (in tal senso si richiede cioè che tale miglioramento sia adeguatamente documentato).

Riguardo l’applicabilità del regime di tassazione sostitutiva al premio emergono però delle difformità tra quanto richiesto dall’Amministrazione fiscale e quanto previsto da molti contratti collettivi. Mentre la prima, richiamando il tenore letterale della disciplina normativa in materia, richiede che sia dimostrato il requisito di incrementalità del risultato, le previsioni di numerosi contratti collettivi di secondo livello omettono riferimenti sull’essenziale raffronto dei risultati ottenuti con quelli del periodo antecedente, rivelando nella sua totalità la staticità del sistema incentivante.

Il problema è legato al modo di interpretare il requisito di ‘variabilità’ dal momento che, a differenza di quanto fatto dalla legislazione vigente, questo dovrebbe essere inteso come caratterizzato dall’ incertezza rispetto alla sua erogazione, subordinata al raggiungimento di un effettivo incremento di produttività, verificato al termine di un congruo periodo di riferimento (annuale, infrannuale o ultrannuale).

In definitiva, la contrattazione collettiva ha mostrato di non essere in grado di rispondere alle necessità imposte dal divenire dell’economia. Tale inadeguatezza è chiaramente legata alla disomogeneità della geografia del mercato del lavoro (ciò spiega perché una medesima politica retributiva può rivelarsi adeguata o meno a seconda del settore territoriale in cui viene adottata) .

Ne consegue che in un tale scenario il premio di risultato, soggetto a tassazione sostitutiva, costituisce uno strumento di vantaggio competitivo e di adattamento dell’impresa al suo contesto territoriale che deve essere salvaguardato e maggiormente diffuso.

È per tale ragione che si attende un ammodernamento del sistema di relazioni industriali da parte della contrattazione territoriale.

A tal proposito ai fini della compilazione della CU (certificazione unica) 2018 sono stati dedicati specifici punti ai premi di risultato.

In particolare si è previsto che :

– nel punto 101 va indicato l’ammontare effettivamente trattenuto sulla base di quanto riportato nel 730/4 alla voce “imposta sostitutiva premio di risultato” con riferimento al dichiarante.

– nei punti da 161 a 167 è opportuno trascrivere gli importi del debito dell’imposta sostitutiva sui premi di risultato;

– I punti 574 e 584 prevedono l’importo del benefit costituito da contribuzione alle forme pensionistiche complementari di cui al d.lgs. 252/2005;

– sono stati previsti due nuovi punti, 579 e 589, dove vengono riportate le somme e i valori che per scelta del lavoratore sono stati fruiti in sostituzione, in tutto o in parte del premio di risultato

– infine il nuovo 602 relativo alla concessione di veicoli, immobili, prestiti, servizi di trasporto ferroviario.

In realtà la legge di stabilità 2017 è intervenuta in qualche modo sul profilo in esame prevedendo una tassazione agevolata con aliquota al 10% per i premi di produzione fino ai 3.000 euro lordi all’anno, somma che però può aumentare (fino ai 4.000 euro) allorquando le imprese coinvolgano completamente i lavoratori nell’organizzazione aziendale.

La legge di stabilità ha, altresì, integrato i parametri da considerare nella valutazione del premio di produttività ponendo particolare attenzione sul fatturato per dipendente, sul rapporto volume/produzione e dipendenti nonchè la soddisfazione del cliente finale.

I lavoratori che posso però beneficiare di questa detassazione con imposta sostitutiva al 10% sono coloro i quali i nell’anno precedente, siano stati titolari di reddito non superiore a 80.000 euro.

Le imprese che intendono usufruire della detassazione degli importi sono tenute al deposito, entro 30 giorni dalla sottoscrizione, del contratto (in cui è prevista l’erogazione di premi di produzione variabili )secondo la procedura telematica prevista dall’art. 5 del d.m. 25 marzo 2016.

Sono attualmente due le modalità con cui è erogato il premio:

– o come maggiorazione variabile sullo stipendio legata a parametri misurabili oggettivamente,

– oppure come somma erogata a titolo di partecipazione agli utili di impresa.

A sottolineare il legame tra detassazione del premio e incremento del risultato è l’Agenzia delle Entrate con circolare n. 5 /E

In tale nota si è infatti specificato che laddove al termine del periodo congruo non sia raggiunto alcun incremento, sarà necessario per il datore di lavoro recuperare le imposte non versate in relazione alle somme erogate a titolo di premio di risultato applicando l’aliquota sostitutiva IRPEF del 10 per cento.

Attraverso tale articolo si è cercato di mettere in luce uno strumento che andrebbe valorizzato dal momento che, oltre a essere un sussidio per i lavoratori, manifesta tanti punti di forza anche sul versante dei datori di lavoro. Le imprese, infatti, attraverso il premio di risultato incentivano i dipendenti creando un clima di maggior coesione aziendale e usufruiscono contestualmente di una notevoli risparmi fiscali.

Fonti:

Legge di stabilità 2017 (legge n. 232 del 2016);
Decreto del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali num. 95075 del 25 Marzo 2016 – link alla GU
Agenzia delle entrate – circolare N. 5 /E del 29 marzo 2018

(Ius in itinere)

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