Alla vigilia della Settimana Sociale, la segretaria generale della Cisl, Annamaria Furlan, inquadra per il Sir il dibattito in corso in Italia sul lavoro, visto dalla parte del sindacato. “Lo strumento della partecipazione – spiega – è la base e la garanzia di una vera democrazia, il modello economico vincente per poter contrastare le distorsioni della globalizzazione della produzione, dei mercati, della società”.
La Settimana sociale può “dare la spinta giusta” al dibattito sul lavoro in Italia. Parola di Annamaria Furlan, segretaria generale della Cisl, che alla vigilia dell’appuntamento di Cagliari – al quale parteciperà – spiega che “la partecipazione, come ha detto Papa Francesco, è la strada per rimettere al centro il lavoro dell’uomo, attraverso una contrattazione moderna, innovativa, con una politica coraggiosa che sappia costruire un contesto istituzionale, sociale e fiscale funzionale agli investimenti e ad una economia basata sulla collaborazione e non sulla speculazione, sulla qualità e non sullo sfruttamento”.
Il tema della prossima Settimana Sociale dei cattolici italiani è “Il lavoro che vogliamo: libero, creativo, partecipativo, solidale”. Si riconosce in questi aggettivi?
Sono quattro aggettivi importanti e significativi che hanno la stessa valenza strategica e che dovrebbero essere costitutivi del lavoro nel nostro tempo. Il più rilevante è la partecipazione, perché la dimensione partecipativa del lavoro crea le condizioni storiche essenziali per poter essere liberi, creativi, solidali. La Cisl è sempre stata convinta che il fondamentale riconoscimento giuridico della libertà e della dignità della persona trovi nella partecipazione il suo vero presidio, il suo vero punto di non ritorno.
Lo strumento della partecipazione è la base e la garanzia di una vera democrazia, il modello economico vincente per poter contrastare le distorsioni della globalizzazione della produzione, dei mercati, della società.
Per competere anche il nostro Paese deve elevare la qualità complessiva dei prodotti e dei servizi. Per questo bisogna riconoscere ai lavoratori un eguale protagonismo nelle scelte generali e particolari. La nostra battaglia per ottenere relazioni sindacali sempre più partecipate mira a questo risultato. Non solo puntiamo con i contratti ad individuare le adeguate procedure di decisione sui processi produttivi o sui servizi, ma intendiamo garantire la partecipazione dei lavoratori nei luoghi alti delle decisione imprenditoriale. Questa è la nostra impostazione di fondo, la strada anche per legare il salario al risultato d’impresa, governando insieme la sfida della digitalizzazione e delle aziende 4.0, investendo sul capitale umano, sulla formazione, sul protagonismo dei lavoratori.
“Il lavoro è una priorità”, ha detto Papa Francesco a Cagliari: quali le attese del mondo sindacale rispetto all’agenda politica?
Abbiamo condiviso gli appelli di Papa Francesco a rimettere al centro dell’impegno delle istituzioni, della politica e del mondo sociale il tema del lavoro e dello sviluppo. Questa è la priorità. Il lavoro è lo strumento attraverso il quale la persona si realizza nella società, il lavoro garantisce la piena cittadinanza. Senza lavoro non c’è dignità della persona, eguaglianza, riscatto sociale e civile. Indubbiamente abbiamo dei segnali di ripresa economica e della produzione industriale, ma questo non si traduce in un aumento della occupazione stabile nel nostro Paese. Abbiamo ancora tre milioni di disoccupati, molti dei quali sono giovani costretti ogni anno ad emigrare all’estero. La crisi economica ci ha lasciato anche un forte aumento delle diseguaglianze sociali e della povertà. Per questo ci siamo battuti per incrementare nella legge di bilancio le risorse destinate al reddito di inclusione che è sicuramente un segnale di attenzione verso i più deboli. Abbiamo chiesto alla politica di affrontare seriamente il tema dell’occupazione giovanile, di favorire gli investimenti pubblici e privati, offrire un sostegno concreto alle aree deboli e svantaggiate del Paese, a partire dal Sud.
La legge di bilancio contiene dei provvedimenti positivi come la decontribuzione fino a 35 anni per i neoassunti e lo sblocco delle risorse per i centri per l’impiego, le politiche attive per la ricollocazione dei lavoratori.
Ma bisogna fare di più per sostenere l’incremento dell’occupazione femminile e gestire con oculatezza le trasformazioni industriali, cambiando anche il sistema contrattuale in modo da ridare slancio ai salari ed alla produttività. E poi c’è il tema della riforma fiscale. Questa sarà la prima cosa che chiederemo al prossimo Governo, per un miglioramento delle condizioni salariali e delle pensioni da perseguire con un sistema fiscale più equo e giusto.
C’è chi rimprovera al mondo sindacale l’insistenza sulla questione previdenziale e sul “nodo” delle pensioni, a cui fa riscontro però una certa latitanza sul “tema giovani” e sulle misure concrete per affrontare la crescente disoccupazione giovanile. È così?
È una interpretazione molto approssimativa e parziale delle posizioni del sindacato. A differenza di altri, noi non vogliamo favorire i conflitti generazionali.
Non ci uniamo al coro di quelli che vogliono mettere strumentalmente i giovani contro gli anziani, i padri contro i figli.
Il tema delle pensioni riguarda tutte le generazioni perché il combinato disposto tra il nuovo sistema contributivo e l’aspettativa di vita penalizza soprattutto i giovani. Per questo abbiamo fatto l’anno scorso un accordo con il Governo incentrato proprio sul principio della solidarietà tra le generazioni. La prima parte dell’accordo è stata applicata con i nuovi strumenti che sono stati introdotti per la flessibilità in uscita come l’Ape sociale per i lavoratori precoci e per i mestieri più usuranti, una misura che serve a far entrare anche più giovani nel mondo del lavoro. Ma ora chiediamo al Governo di applicare anche la seconda parte di quell’accordo che prevede anche una pensione di garanzia per colmare i buchi previdenziali dei giovani. Bisogna favorire la previdenza complementare e cambiare il meccanismo dell’aspettativa di vita.
Il tema dell’occupazione dei giovani non si affronta a colpi di slogan o con misure assistenziali.
Non basta cambiare le regole del mercato del lavoro ogni due o tre anni. Occorre favorire e sostenere gli investimenti pubblici e privati che possano generare nuova occupazione di qualità, far ripartire la domanda, in particolare quella interna, favorire la crescita. Solo in questo contesto si possono promuovere politiche volte a favorire l’ingresso stabile dei giovani nel mercato del lavoro, recuperando i divari con gli altri Paesi europei e riducendo il divario Nord-Sud. Dobbiamo garantire a tutti l’accesso ai percorsi scolastici e di istruzione e formazione professionale. La crescita delle specializzazioni deve essere l’obiettivo strategico per lo sviluppo economico ma contrastando l’abuso dei tirocini extracurriculari. Occorre rafforzare e qualificare l’apprendistato come forma prevalente di ingresso nel mercato del lavoro, valorizzandone la componente formativa. Qualificare i percorsi di alternanza scuola lavoro, come chiedono anche gli studenti, promuovendo reti territoriali che sappiano coinvolgere strutturalmente istituzioni, sistema scolastico e tessuto produttivo territoriale.
Una delle giornate del convegno sarà dedicata alle “buone pratiche” sul lavoro. Quale panorama risulta al sindacato, sul territorio, e quali le questioni più urgenti da affrontare?
È importante che la Settimana sociale si ponga il tema della politica di prevenzione e sicurezza nei luoghi di lavoro che deve orientare i comportamenti dei datori di lavoro, dei lavoratori e di tutti i soggetti interessati.
Al centro di tutti i processi produttivi bisogna sempre mettere la persona, i suoi bisogni, il suo rapporto con il territorio e le comunità, lo sviluppo dei servizi sociali, il welfare. È indispensabile un rapporto sinergico tra tutte le strutture che operano nel territorio.
I processi di innovazione tecnologica devono essere guidati e governati dalle buone pratiche, dal lavoro 4.0 e da una formazione adeguata alla sfida della qualità e delle esigenze di competitività del sistema produttivo.
Occorrono procedure condivise, soluzioni concertate con i soggetti sociali, servizi che riescano ad imprimere un reale miglioramento delle condizioni di vita delle comunità, in termini di tutela ambientale, efficacia, efficienza e sostenibilità.
Questa è la sfida cui sono chiamati oggi tutte le istituzioni, le forze sociali, le diocesi, il mondo associativo, con l’obiettivo di una maggiore coesione sociale e di una lotta alle diseguaglianze sociali.
(M. Michela Nicolais, agensir.it, 24.10.2017)