Il 24 settembre, la Germania andrà alle urne per votare il nuovo parlamento e, di conseguenza, il governo del paese. Per Martin Schulz, candidato della SPD, si tratta della possibilità di scardinare il meccanismo della Grande Coalizione, ma questa strada sembra sempre essere impraticabile, nonostante un programma elettorale basato sull’addio al precariato e sullla “Mitbestimmung“, la cogestione aziendale.
Testa a testa. La corsa alla Cancelleria sembra essere una questione a due fra i cristiano-democratici della CDU guidati da Angela Merkel ed i socialdemocratici della SPD del nuovo segretario Martin Schulz. Secondo il sondaggio INSA del 19 aprile, la CDU sarebbe il primo partito del paese con il 34% delle intenzioni di voto, seguita dalla SPD con il 30,5%. Dietro i principali partiti si trovano la Sinistra (die Linke) al 9%, i liberali della FDP (6,5%) e i Verdi (die Grünen) al 6%. Risalgono anche i populisti di estrema destra di Alternativa per la Germania (AfD) che – nonostante le divisioni interne che minacciano la leadership di Frauke Petry – ritornano terzo partito del paese con il 10% dei consensi.
La fine dell’Effetto Schulz? Rallenta, quindi, il trend positivo dei socialdemocratici iniziato con la nomina a candidato cancelliere proprio dell’ex-Presidente del Parlamento Europeo Martin Schulz. L”Effetto Schulz” – come era stato chiamato – ha permesso al partito di incrementare il proprio consenso rispetto al 2016, quando la SPD, fiaccata dagli anni al governo come partner di minoranza della CDU, era scesa sotto il 20%, ma non sembra concedergli lo sprint necessario per evitare la Grande Coalizione con i cristiano-democratici. Questo sembra essere l’obiettivo principale del centro-sinistra, il quale vede la sconfitta di Angela Merkel come prerequisito essenziale per riformare il paese.
“Lo dico apertamente: abbiamo fatto i nostri errori. Ma fare errori non è sbagliato, l’importante è correggerli quando questi sono manifesti”— Martin Schulz, sulle riforme del lavoro promosse dalla SPD di Schröder.
Addio al precariato. Per il leader della SPD, il prossimo governo sarebbe costretto a licenziare un programma di riforme che aggredisca lo stato sociale ed il modello di sviluppo. In un atto di profonda auto-critica rispetto alle riforme promulgate dall’ultimo governo socialdemocratico di Gerhard Schröder (note con il nome di Agenda 2010), Schulz intenderebbe prolungare i termini della disoccupazione, soprattutto se il lavoratore si trovasse in questa condizione in età avanzata, e cancellare i contratti a tempo determinato – Praticantati e Mini-Job – responsabili, dice il segretario della SPD, del precariato giovanile. Un altro punto del programma elettorale con cui Schulz cerca la vittoria, sarebbe l’allargamento della “Mitbestimmung”, il modello di cogestione dell’azienda fra imprenditori e lavoratori già applicato dalle principali industrie del paese, a qualunque attività presente in Germania, anche di provenienza estera.
L’unica alternativa per la SPD. Il programma, bollato dai critici come “pura tattica elettorale” sarebbe possibile – come sottolinea la leader dei Juso, i giovani della SPD, Johanna Uekermann – solo all’interno di “una coalizione Rosso-Rosso-Verde (SPD,Linke e Grünen)”, l’unica vera alternativa per un “reale cambiamento politico nel paese”.
Il problema dei numeri. Stante l’attuale sistema elettorale proporzionale con quota maggioritaria, progettato per un sistema a 2-3 partiti e non per l’attuale a sei, la strada verso questo traguardo rimane complessa. Qualora, infatti, le elezioni confermassero i dati degli ultimi sondaggi, un’eventuale coalizione Rosso-Rosso-Verde potrebbe contare al massimo su 292 seggi su 598 nel prossimo parlamento, troppo pochi per evitare il ritorno alla Grande Coalizione fra CDU e SPD, con Angela Merkel ancora cancelliere.
(S. Bonzano, caffeopinione.com, 19.04.2017)
Nessuna alternativa per la CDU. Se la SPD può sperare – da qui a settembre – in una crescita del proprio partito in chiave di governo, la situazione diventa più complicata per la CDU. Per i cristiano-democratici non esiste alcuna alternativa plausibile alla “Grande Coalizione” con i socialdemocratici. Una tradizionale alleanza fra i cristiano-democratici ed i liberali della FDP garantirebbe solo 259 seggi in parlamento, che salirebbero a 304 se i Verdi – in quella che viene chiamata “Jamaika Koalition”, ovvero Nero-Giallo-Verde – decidessero di allearsi con il centro-destra: una maggioranza risicata – e troppo eterogenea – per supportare un eventuale quarto governo della “cancelliera eterna”, come viene chiamata in patria, Angela Merkel.
Nonostante abbia garantito stabilità politica, nessuno dei due partiti principali vuole ritrovarsi – sarebbe terza volta in quattro tornate elettorali – di nuovo bloccato all’interno di una Grande Coalizione. La strada sembra però essere segnata con buona pace del programma di riforme di Martin Schulz e della sua sfida ad Angela Merkel.