Ecco cosa succede quando i lavoratori diventano azionisti.

La quadratura del cerchio fra la voglia di imprenditorialità e il bisogno di ridurre le ineguaglianze potrebbe aver trovato casa. E’ successo negli Stati Uniti dove, quasi per caso, sono nati gli “Esop”, ovvero gli “employee stock ownership plan”, acronimo di “piano di proprietà azionaria dei dipendenti”. L’idea è semplice, ma estremamente efficace.

Un Esop è un fondo che acquista le azioni di una società dal proprietario, spesso prendendo un prestito che ripaga con i ricavi dell’azienda e le intesta ai dipendenti per cui diventano una sorta di “assicurazione” per il futuro. I dipendenti titolari delle azioni, infatti, le possono rivendere quando vanno in pensione o nel caso in cui lascino l’azienda. Come riferisce The Atlantic, pur nella loro semplicità, gli Esop fanno qualcosa di magico. Il proprietario incassa il prezzo di mercato delle azioni e i dipendenti le ripagano senza metterci dei soldi, perché – appunto – utilizzano i profitti generati dal proprio lavoro. A differenza delle stock option o di una donazione di azioni, attraverso gli Esop i dipendenti, come gruppo, arrivano a possedere la società per cui lavorano. Infatti, di solito l’Esop comincia acquistando delle quote di minoranza per arrivare gradatamente al 100%.

Ma non è tutto. Se, da una parte, gli Esop sono uno stimolo per lavorare meglio e di più, dall’altra beneficiano anche di detrazioni fiscali. Il proprietario di una società che vende almeno il 30% delle azioni a un Esop, infatti, può dilazionare o addirittura evitare di pagare le tasse sul capital gain. Anche l’operazione di acquisizione delle quote è esentasse e un Esop che possiede il 100% di un’azienda ottiene benefici per le tasse sul reddito. E poi, ci sono i vantaggi “collaterali”. Le ricerche dimostrano che le aziende con una significativa partecipazione azionaria dei dipendenti crescono più velocemente di quelle con una forma di proprietà convenzionale. Pagano di più i loro dipendenti e tendono a licenziare di meno nei periodi di crisi, senza contare che non trasferiscono le attività all’estero. Alcune di queste realtà, inoltre, hanno reso sensibilmente ricchi i dipendenti e i manager di medio livello e, siccome incoraggiano una modalità di management più responsabile e cooperativo, compaiono in diverse classifiche sui posti migliori dove lavorare.

A oggi, secondo l’organizzazione no-profit National Center for Employee Ownership, circa settemila aziende americane sono interamente nelle mani dei dipendenti. E non si tratta di piccole realtà locali o di società reduci da un fallimento, bensì di aziende convenzionali e, molto spesso, di successo che vanno dalla catena della gdo Publix a piccole società di ingegneria. E’ vero, segnala il magazine, che gli Esop sono stati magari usati per evitare Opa ostili (è il caso di un’accusa mossa a Polaroid, per esempio), ma ciò non toglie nulla alla validità dell’idea. E, infatti, mentre il Dipartimento del Lavoro monitora gli Esop, The Atlantic si augura che possano entrare al più presto nell’agenda politica.

(S. Medetti, www.panorama.it, 21.09.2016)

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